Quando qualche mese fa abbiamo provato la build di Into the Dead: Our Darkest Days, avevamo focalizzato la nostra attenzione su un gameplay interessante che incarnava l'essenza di un survival game: collaborazione tra i vari protagonisti prima di tutto e poi attenzione alle risorse. Una combo tra esplorazione, looting, crafting e combat system che, onestamente, ci aveva incuriosito e anche tanto. Sono passati circa sei mesi da allora e il gioco di PikPok è entrato in accesso anticipato portandosi dietro una serie di aggiustamenti e di migliorie e soprattutto promettendone tante altre nelle settimane a seguire, prima della versione completa.
Alcune problematiche sono indubbiamente state corrette, altre sono state "aggiustate", qualcos'altro invece richiede ancora l'intervento degli sviluppatori. Fatto sta che, per scrivere questo articolo, abbiamo provato tantissimo il prodotto, ma non per il puro dovere di farlo, semplicemente perché riesce, come dal primo momento, a incuriosire il giocatore e a spingerlo a provare un'altra partita. Vediamo quindi a che punto sono i lavori.
Non vorremmo ripetere quanto detto già nella nostra prima anteprima, che vi invitiamo a consultare, quindi andremo abbastanza veloci con le presentazioni. Ci troviamo a Walton, una fantomatica (e immaginaria) cittadina del Texas colpita da un'epidemia zombie. I pezzi grossi della città se la sono svignata abbandonando i cittadini al loro destino e di fatto condannandoli a morte se non saranno in grado di arrangiarsi. Scopo del gioco è quello, ovviamente, di resistere alla nuova carestia e soprattutto agli attacchi dei "non morti" che vorranno cenare con le nostre carni, e lo faremo innalzando barricate, cercando risorse e creandoci da soli tutti gli strumenti necessari, alimentari, bellici e molto altro, per sopravvivere giorno dopo giorno, in attesa di trovare la strada giusta per fuggire dalla città. Inizieremo in compagnia di un partner scegliendo tra le varie coppie disponibili che ci vengono proposte all'inizio del gioco e, principalmente, concentrandoci sulle caratteristiche positive e negative di ogni personaggio, dati questi che condizioneranno il nostro stile di gioco.
Naturalmente andando avanti nel gioco potremo incontrare altri superstiti da portare con noi. Ognuno dei vari personaggi infatti ha dei punti di forza, ma anche delle debolezze e quindi chi è più bravo e veloce a cucinare magari è più scarso in battaglia, chi è più forte fisicamente è più debole psicologicamente e così via.
A farla da padrone sono anche gli stati d'animo dei protagonisti: se da un lato potremo contare su tre indicatori, sazietà, stanchezza e umore, dall'altro le emozioni presenti nel gioco sono molte di più. Ad esempio se durante una missione ci feriranno, una volta rientrati al rifugio potremo medicare la nostra ferita, ma se non abbineremo un sonno ristoratore di fatto non guariremo mai. Inoltre ci sono alcuni individui dalla "depressione facile", difficili da tirar su e uno stato d'animo non ottimale finisce per incidere sulla produttività in termini di crafting vero e proprio ma anche sulla resistenza in combattimento. C'è poi lo stato del lutto che si attiva nel superstite quando il suo partner muore durante un'esplorazione e, ricordiamolo, le morti sono definitive.
A parte il fatto che il gioco diventa davvero difficile da affrontare da soli, ce ne vorrà prima di far riprendere una condizione ottimale al sopravvissuto rimasto in vita e costretto a resistere da solo. Come dicevamo a suo tempo, all'interno del rifugio ci sono tante cose da fare e vale sempre la regola dell'ottimizzazione delle risorse. Quindi se mettiamo un personaggio a cucinare, l'altro sistemerà la barricata o andrà in missione e così via. Al punto che, prima di far avanzare il tempo (con l'apposito tasto se si utilizza il controller Xbox), il gioco ci segnala se ci sono superstiti "inoperosi". È un continuo danzare in mezzo a tantissimi parametri, tutti da tenere sotto controllo per far andare avanti le cose per il verso giusto.
Naturalmente, dato che le risorse scarseggiano andare in esplorazione a trovare ciò che ci serve è più che fondamentale, anche per scoprire man mano nuovi posti da visitare. Il fatto però è che la posta in gioco è alta e quindi fare scelte avventate e perdere il nostro superstite vuol dire compromettere il resto della partita. Sotto questo punto di vista più volte siamo andati in una determinata struttura, raccolte un bel po' di risorse e poi ce la siamo data a gambe prima che ci facessero la pelle.
Il gioco continua a prediligere la componente stealth, l'unica che ci consente di esplorare senza rischiare la vita eliminando gli zombie alle spalle con un colpo solo. Come se non bastasse mentre possiamo sbirciare da alcune porte, in certe aree saremo costretti a entrare dentro una stanza nell'azzardo più totale. Potrebbe essere un'idea chiuderci le porte alle spalle, per evitare che ci assaltino troppi zombie in contemporanea ma comunque questo precluderebbe un'eventuale via di fuga casomai dovessimo darcela a gambe. Sicuramente non ci troviamo davanti a un gioco da affrontare a testa bassa senza ragionare sulle nostre scelte.
Rispetto alla prova di qualche mese fa alcune cose sono state corrette. Innanzitutto il gioco è ora localizzato in italiano. Ottima ed apprezzabile scelta dal momento che avevamo criticato la mancanza della nostra lingua durante la build. Non ci sono tantissimi testi, ma adesso l'intera trama di gioco e le caratteristiche dei giocatori sono alla portata di tutti. Dal punto di vista grafico è stata apportata un po' di pulizia in più e gli scenari sono ancora più dettagliati e belli da vedere sia all'aperto che al chiuso anche se l'ottimizzazione non è ancora perfetta. Pur disponendo di un PC ben più performante delle caratteristiche minime richieste, siamo stati costretti ad abbassare la qualità grafica forzando gli fps a 60 per eliminare dei lag che rendevano il gioco un vero e proprio calvario. Inoltre abbiamo notato che durante l'avvio il gioco fa scegliere se adottare le DirectX 11 in alternativa a quelle di default: scelta assolutamente non consigliabile perché genera un fastidioso effetto neve nelle scene al buio.
Purtroppo non c'è stata una ri-mappatura dei comandi di gioco che, anche se tutto sommato non hanno particolari problemi, continuano a gestire il salto con la stranissima combo LB+A sul Controller. Durante i nostri test poi abbiamo notato che sia provando personaggi diversi che utilizzando in diverse partite sempre gli stessi, il punto di partenza cambia di volta in volta: scelta che non dispiace poiché aggiunge un minimo di aleatorietà a tutto il gioco.
La difficoltà del gioco non è comunque causata dalle tantissime cose da fare, né tantomeno da esplorazione o crafting quanto da un combat system a nostro avviso migliorabile. Affrontare faccia a faccia gli zombie è assolutamente sconsigliabile, ma qualche volta saremo anche costretti a farlo. In questo caso qualunque personaggio stiamo utilizzando in quel momento, ci troveremo sempre a dover affrontare uno scontro impari. Gli zombie sono molto resistenti e anche veloci e hanno una portata d'azione anche troppo ampia tanto che la schivata (disponibile con il tasto LT sul Controller) spesso non è sufficiente ad evitarci un bel colpo.
Se da un lato questo contribuisce al realismo innalzando tensione e livello di difficoltà, dall'altro può risultare frustrante quando dopo una lunga partita, veniamo fatti fuori nostro malgrado per degli zombie un po' troppo aggressivi. Sarebbe stato utile ad esempio, oltre alla schivata, implementare la possibilità di parare i colpi in modo da ridurre il gap tra noi e loro. Per il resto sembra che tutto stia procedendo per il verso giusto anche se, alla lunga, il rischio ripetitività è comunque dietro l'angolo ma allo stato attuale il gioco riesce a coinvolgere e ad invogliare al punto giusto. Gli sviluppatori hanno pubblicato la roadmap con il primo grande aggiornamento che arriverà a maggio.
Modus Operandi:
abbiamo partecipato all'accesso anticipato di Into the Dead: Our Darkest Days grazie a un codice fornitoci da Stride PR.