Purtroppo tutti nella vita siamo destinati a subire dei lutti per la perdita di persone importantissime e a noi care: eventi che ci segneranno per sempre, anche se prima o poi dovremo guarire e andare avanti continuando a vivere la nostra vita più o meno tranquillamente. Ma a volte lasciare andare queste persone si rivela molto complicato e non si riesce ad accettarne la scomparsa, neanche dopo decenni. È questo il caso della nostra Sam, la protagonista di Heartworm che dovrà affrontare una decisione molto importante perché è continuamente tormentata dai suoi pensieri sulla morte e vive cercando costantemente delle risposte.
Sarà questa la storia che Vincent Adinolfi ci racconterà utilizzando meccaniche e grafica "antiquate", che ci riporteranno indietro ai tempi dei primi giochi per PlayStation degli anni '90 come Resident Evil con la visuale fissa sulla stanza. Niente prima o terza persona, e grafica pixelata abbastanza grezza tipica dei titoli più vecchi. Insomma, sia nella storia che nell'aspetto grafico Heartworm ci riporta indietro negli anni, facendoci fare un tuffo nel passato, raccontandoci però una storia un po' più moderna e ancora mai vista servendosi di meccaniche storiche e vetuste.
Come detto in precendeza, la storia segue Sam, una ragazza, segnata profondamente dalla morte del nonno, che non riesce ad andare avanti e sta giorno e notte sui forum a parlare di morte e a cercare un collegamento tra il mondo dei vivi e dei trapassati. Scopre così che c'è una casa abbandonata che si dica contenere una porta per l'aldilà e dopo varie esplorazioni e puzzle da risolvere, armati solo di una fotocamera a rullino. Troveremo questa fatidica porta nell'attico e la sua chiave per poterla aprire, ovvero un emblema con un cuore disegnato sopra. Questa porta ci condurrà ad una stanza con delle scale lunghissime appese apparentemente nel vuoto e, alla fine di esse, una porta che non si può aprire. Questo finché un'entità non ci inizierà a seguire, dopodiché sfonderemo di prepotenza questa dannata porta per salvarci dalla creatura che non si darà vinta e ci costringerà a farci entrare in una televisione a tubo catodico statica che ci porterà in un enorme archivio dal quale potremo vedere delle strutture assurde come case a testa in giù e strade fluttuanti.
Qui faremo il nostro primo incontro con un essere identico a noi, solo totalmente bianco latte, con la particolarità che può essere distratto facendogli una fotografia. Dopo un altro po' di esplorazione affronteremo il nostro primo boss per poi sbloccare la prossima zona nella foresta dove sempre dopo aver esplorato tutto affronteremo il nostro secondo boss. La zona finale della torre dell'orologio è dove si terrà la resa dei conti e lo scontro con l'ultimo boss e, in base a cosa abbiamo fatto e trovato durante la nostra esplorazione, sbloccheremo uno dei tre finali del gioco tra good, neutral e bad.
La scelta di usare quelle che erano le meccaniche di gioco dei titoli risalenti agli anni '90 è abbastanza coerente con la storia che si sta raccontando e anche se non dovesse piacere c'è sempre l'opportunità dataci dallo sviluppatore di giocare con delle meccaniche o comandi più moderni, di optare anche per una grafica pixelata oppure rifinita e adatta ai giochi odierni. I punti principali del gioco sono proprio l'esplorazione e la risoluzione dei puzzle che spesso sono abbastanza intuitivi, il che rende abbastanza scorrevole il gameplay alternando questi due punti chiave mentre ci addentriamo sempre di più nei ricordi della protagonista per capire cos'è che la turba e che la tiene incatenata al passato. Le meccaniche di combattimento sono anche esse abbastanza semplici dato che abbiamo come arma la fotocamera raccolta ad inizio gioco che utilizza come munizioni i rullini e serve per stordire i fantasmi/spiriti e a volte - come nei casi dei boss - diventa letale (l'ispirazione è presa dalla serie giapponese Project Zero, qui la nostra recensione di Mask of the Lunar Eclipse. -NdNew_Neo). Può essere potenziata attraverso gli upgrade che potremo trovare in giro per la mappa e possiamo creare, unendo i vari ingredienti, anche dei medicinali che potranno curarci a seconda della loro composizione.
Avremo in dotazione una mappa dove ci verranno segnati i punti che abbiamo già esplorato, le stanze già completate e quelle che invece richiederanno un altro po' di attenzione. Ci sono poi degli oggetti chiave che serviranno a sbloccare i vari finali e in base a quanti ne troveremo ci verrà assegnato uno dei tre finali: per cambiare il nostro destino dovremo raccogliere di questi oggetti importanti o 0 o 1-2 oppure 3 che corrispondono apppunto al finale brutto, quello neutrale e quello buono. Tutto ciò di cui avremo bisogno per metterci l'anima in pace è quindi all'interno del gioco, spetterà a noi adesso essere in grado di trovare tutto e combattere con questo nostro trauma oppure lasciarci andare all'idea che verremo tormentati per il resto della nostra vita.
Heartworm è quindi un'esperienza intensa ed introspettiva, e forse lo sviluppatore un po' si rivede in Sam e sta magari raccontando la sua storia difficile che ha dovuto affrontare per superare il lutto di qualcuno a lui caro. Ogni ambiente, nonostante alcuni siano poco dettagliati e abbastanza statici, ha un suo significato per la nostra protagonista Sam: ad esempio la casa si trasforma in base ai suoi ricordi, oppure il grande archivio funge da centro della memoria dove ogni ricordo è perfettamente catalogato in quella gigantesca struttura e soprattutto la torre dell'orologio potrebbe significare il tempo che scorre e questa necessità incessante che ha di confrontarsi con il proprio trauma per poter ritornare a vivere tranquillamente.
Questo aspetto psicologico è molto interessante perché nonostante sia una cosa normale passare per un lutto, ognuno di noi lo può vivere in maniera personale. C'è chi dopo due giorni torna a stare bene e va avanti e chi anche dopo anni non è ancora in grado di accettare questo destino inevitabile che arriverà per tutti prima o poi. Il fatto che possano capire più finali può anche essere una sorta di test per vedere ognuno di noi come si potrebbe comportare in una situazione del genere. Spetta a noi, infatti, cercare di tranquillizzare la povera vita della protagonista, in base alle attenzioni che diamo in giro, alle esplorazioni e alla bravura nel raccogliere tutto quello che serve. Si capisce infatti che solo ripercorrendo con attenzione i propri ricordi come fa Sam si può elaborare meglio il lutto e lasciare andare il passato e questo è quello che importa nella vita.
Ogni scatto fotografico e ogni ricordo raccolto riflette la lotta interiore di Sam, trasformando il gameplay in un’esperienza emotiva in cui il vero conflitto non è solo contro i fantasmi che ci appaiono ogni tanto, ma contro i ricordi e le emozioni che trattengono la protagonista nel passato da cui dobbiamo liberarla.
Modus Operandi:
Abbiamo potuto esplorare posti spaventosi, per scavare in fondo ai nostri dubbi e poterci mettere l'anima in pace dai nostri traumi, grazie ad un codice fornitoci dagli sviluppatori tramite Terminals.io.