In realtà quando si parla di genere horror ci si aspetta chissà quale accozzagia di effetti speciali, al limite dello splatter che, offrendoci spettacoli raccapriccianti, dovrebbero farci sobbalzare dalla sedia. Da che mondo è mondo però le migliori produzioni horror hanno fatto leva più sulla parte psicologica che su quella visiva dello spettatore: basta fare un salto indietro nel tempo per rendersene conto e a dispetto di poche pellicole splatter veramente degne di nota come Evil Dead, Saw, Final Destination, Venerdì 13 e così via, l'horror puro è passato attraverso capolavori come The Exorcist, Shining, The Others e così via privilegiando una ottima regia accompagnata a una valida trama a effetti speciali sanguinolenti.
Parlare di horror nell'ultima avventura degli svedesi di The Gang potrebbe sembrare azzardato, forse la definizione thriller psicologico sarebbe più opportuna, ma basta lanciarsi in un paio di partite per capire che quello che c'è dietro è ben altro. La storia inquieta sicuramente, come ogni volta che ci sono di mezzo i bambini (e in questo caso con una grave disabilità) ma sono la regia, le inquadrature, i cambi di prospettive e tuttto il contorno del gameplay a regalarci un'esperienza praticamente unica.
Il gioco inizia con i canoni di una fiaba con la piccolina, non vedente, Sophie messa a letto e con una voce di una donna adulta di sottofondo. Sembra una storia come tante altre, con un dramma umano e di adattamento per una piccolina tenuta all'oscuro dal mondo. In realtà Sophie si sveglia e scopre che può vedere attraverso gli occhi del suo orsacchiotto Teddy: basta guardare intorno per scoprire quanto i sensi ci avessero tradito con sedie munite di catene, porte e finestre sbarrate e tantissimi altri congegni strani ad arredare la nostra (ma non solo) stanza. Fin da subito quindi ci si rende conto che le cose non tornano, che la nostra piccola non è ospite ma prigioniera e che i due aguzzini, Janna e Clayton, sono lì esclusivamente per controllarla e tenerla rinchiusa per chissà quali loschi scopi (e non diciamo altro per evitare antipatici spoiler... -NdR).
Serve quindi fuggire da quella stanza e da quella casa in una continua sfida tra gatto e topo (e i gatti non siamo di certo noi) con i due adulti che faranno di tutto per catturarci e riportarci indietro: ma serve soprattutto guardarsi intorno in delle stanze buie che, con la nuova consapevolezza, trasmettono tutto il loro disagio e il loro orrore, e lo faremo utilizzando proprio gli occhi di Teddy.
Sicuramente ad attirare la nostra attenzione è il gameplay particolarmente innovativo che passa dalla visuale in prima persona quando abbiamo Teddy in mano a quella in terza persona quando poggiamo Teddy su una delle coperte rosa trovate in giro e facciamo muovere Sophie in maniera indipendente. Il passaggio si rende necessario dal momento che con l'orsetto in mano la piccola non può fare praticamente nulla se non camminare, abbassarsi, e superare ostacoli semplici ma anche alzare e abbassare Teddy per vedere in anfratti nascosti della casa. Tuttavia per procedere nelle varie stanze sarà necessario spostare bauli e casse, attivare interruttori, creare insomma un giusto percorso che ci permetta di transitare nella stanza successiva. Solo quando tutto sarà pronto riprenderemo Teddy in braccio e potremo andare avanti.
I cambi di visuale, e quindi di prospettiva, sono gestiti in maniera ottimale. Lo sguardo di Teddy, leggermente sfalsato rispetto alla nostra altezza (lo stiamo tenendo in braccio dopotutto) ad esempio, ma anche l'uso della levetta analogica destra quando Teddy sarà posato e muoveremo Sophie ci permetterà di seguire la bambina che, per ovvi motivi, non potrà uscire dalla visuale dell'orsacchiotto senza pagare lo scotto di muoversi al buio. Il tutto avviene in maniera delicata, quasi naturale grazie alla sapiente opera di regia che gestisce e sposta le inquadrature in maniera eccellente, soprattutto per i posizionamenti (predefiniti in ogni ambiente) dell'orsetto.
I vari enigmi ambientali che dovremo superare non sono mai difficilissimi, anzi spesso sono intuitivi e ci permetteranno di andare avanti senza troppi intoppi. Il vero problema è rappresentato dai due aguzzini che si allerteranno ad ogni minimo rumore, costringendoci a cercare sempre pertugi nei quali nasconderci o a rocambolesche fughe per evitare di farci prendere. Buona parte delle volte comunque un po' di sano stealth è la soluzione migliore: proprio evitando di farci sentire eviteremo tanti guai dopo e quindi ci toccherà pesare e ponderare ogni singolo movimento anche perché alcune stanze sono disseminate di trappole.
La storia si racconta più con le immagini che con i testi, principalmente con alcuni collezionabili trovati in giro, che descrivono storie passate di altri malcapitati bambini capitati in quel tugurio prima di noi. Forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più dal punto di vista della narrazione, magari con approfondimenti maggiori, soprattutto sulle cause che hanno portato Sophie a trovarsi in quella difficile situazione, anche se alla fine del percorso il racconto risulta abbastanza credibile ed esaustivo per le quattro ore circa necessarie per completare Out of Sight. Il tempo giusto secondo noi perché dilungarsi ulteriormente forse avrebbe finito per sforare nella ripetitività che invece, allo stato attuale, è solo leggermente percettibile.
Dal punto di vista tecnico non ci sono grandi problematiche da segnalare. Graficamente il gioco fa il suo dovere e anche se non possiamo gridare al miracolo per quanto riguarda dettagli e texture, i disegni sono ben realizzati (fondali compresi), efficaci e sicuramente adatti all'atmosfera di gioco: un plauso particolare per i giochi di luci ed ombre che contribuiscono a rendere inquietanti (come deve essere) i vari ambienti di gioco, così come aver sfumato l'intensità cromatica in piena linea con una "visione notturna". Ottima la regia con inquadrature sempre sul pezzo, soprattutto con i continui cambi durante gli inseguimenti, così come i cambi di prospettiva aggiungono quel pizzico di innovazione al gioco in maniera quasi naturale.
Di buona fattura anche il comparto audio con ottimi effetti sonori ben piazzati (soprattutto lo scricchiolio delle varie assi di legno), doppiaggi originali all'altezza e con l'apprezzabile traduzione in italiano per i sottotitoli. Forse un po' migliorabile il comparto narrativo che avrebbe potuto essere approfondito ancora meglio e la curva di difficoltà che antepone enigmi molto semplici (spesso anche troppo) con le adrenaliniche fughe invece più complicate. Ad esempio avrebbe dovuto essere ancora più enfatizzata la necessità di esplorazione anche con continui backtracking che invece non avverranno, perché andremo avanti abbastanza agevolmente (la vernice gialla sui muri indica anche la direzione) e in maniera tutto sommato lineare.
Inoltre il gioco ha la piena compatibilità con il VR (se volete un'esperienza ancora più immersiva). In linea di massima però tutto funziona abbastanza bene e se amate questo tipo di giochi, la storia di Out of Sight potreste tranquillamente prenderla in considerazione.
Modus Operandi:
abbiamo aiutato Sophie e il suo orsacchiotto grazie a un codice fornitoci dagli sviluppatori tramite Press Engine.