Redattore: Paolo 'NEGs' FraniPubblicato il: 03/10/2016
Il racer rallystico migliore di sempre... Si. Immortale.
SEGA RALLY CHAMPIONSHIP - ARCADE-SATURN-SEGA 1995
Mentre, in strada, scaricavano dal furgone il cabinato di Sega Rally Championship, attorno s’era ammassata una folla compatta di ragazzini con i più piccoli da dietro che tentavano di allungarsi a vedere e i più grandi in prima fila perché le macchine nuove, per un bel pezzo, erano appannaggio loro. Tu stavi lì, nella linea di mezzana di chi non è ne grande (con tanto di sigaretta in bocca e chiodo di pelle) ne piccolo (col maglioncino scollato a V, la polo sotto ed i capelli a scodella), e guardavi quella bestia a doppia seduta che veniva faticosamente e religiosamente poggiata al suolo prima di essere inserita nel contesto sacro della sala giochi.
Prima di Sega Rally, la roba rallystica migliore apparsa in sala era lo strepitoso 'Word Rally: Championship’ della GAELCO, una ditta Spagnola di Barcellona. La scheda di gioco era stata adattata dentro il vecchio cabinato con seduta di ‘Chase HQ’ e tu avevi adorato quel gioco automobilistico in grafica isometrica estremamente dettagliata e ricca. Neppure il Mille Miglia apparso poi riuscì a disinteressare il popolo della sala da quella Celica bianca e rossa e dalle sue piste, che conoscevi a memoria. Una partita ce la facevi sempre volentieri. La campionatura dei rumori poi era esaltante, lo stridio delle gomme ben reso, il “senso” della competizione rallystica ottimamente trasportato in ambiente ludico. Ma Sega Rally Championship... ancora te lo ricordi il coro di “OOOOOOHHH!!!” partito dal popolo della sala quando il Coin-op venne finalmente posizionato ed acceso. In un tripudio di musica, rombo di motori e campionature entusiastiche di una voce che entrerà nella mitologia del videogioco, La Deltona sfrecciava tra fango ed una lussureggiante vegetazione, tallonata da una celica GT Four Rally car nella sua eterna livrea bianca rossa e verde. Ancora non lo avevi provato, ma già sentivi di amarlo.
Ebbi ad attendere parecchio, sapete, prima di potermi accomodare su quel sedile sagomato, impugnare cambio e volante, sentire la musica pompare dalle casse dietro le orecchie. Ma non sprecai quel tempo; no, stetti lì ad assorbire la meraviglia di quella grafica fluida, quella sensazione di velocità incredibile, mi lasciai invadere il cervello dai roboanti effetti sonori, dal rombo del rotore dell’elicottero che sovrastava quello del motore della deltona quando appariva in cielo nell’atto di filmarvi. Sega Rally, anche da spettatore, era un’esperienza piena ed entusiasmante. Il gioco esplodeva di colori e la pista non rappresentava unicamente il piano ludico dove guidare la simulazione di una vettura: ai bordi c’è un mondo vasto, la linea dell’orizzonte lontana e la vegetazione rigogliosa. Ci sono spettatori e pozzanghere, case e steccati; tutti spariscono rapidamente ai bordi dello schermo aumentando esponenzialmente la percezione di movimento e velocità. Ricordo ancora nettamente la sensazione di incredulo stupore nel notare quanta fatica facessero, i più grandi e primi a giocarci, a tenere in strada il deltone durante quelle prime partite. Da spettatore la cosa mi sembrava illogica: bastava sterzare bene, no? Voglio dire, fino ad allora i giochi automobilistici erano tutt’al più curva al momento giusto alla velocità giusta, pure i più simulativi! Perché quindi tante imprecazioni, sbandieramenti, pugni sul volante? Alcuni di loro avevano anche la patente!
Il mistero mi venne svelato quando, finalmente, fu il mio turno alla parte attiva della faccenda. Seduto dentro quel cabinato lussurioso, lucido, avvolgente, calato in un audio potente e ricco come non mai ti sentivi un re sul trono. Attorno avevi l’invidia degli spettatori più giovani che dovevano attendere il loro turno. Davanti, la possibilità di mostrare a quelli più grandi di te che eri meglio di loro. Dietro, la campionatura del rombo del motore saliva i giri del tuo cuore: il primo GAME.OVER YEEEAH!, non lo scorderai mai.
La prima esperienza su Sega Rally fu estremamente breve e bruciante. Una corsa folle tra avversari, traiettorie, derapate, ghiaia e musica. Eppure mi illuminò nel capire come mai fosse così difficile: era reale, tangibile. La percezione della vettura sulle differenti superfici influiva sulle traiettorie, il suo peso spostava l’ampiezza della derapata, la potenza del motore generava una sensazione di velocità assoluta e l’insieme dei suoni espandeva la sensazione di guidare veramente un bolide con una sua fisicità lungo una strada sterrata. Nelle mani, mi restò la vibrante sensazione del volante. E me ne innamorai TERRIBILMENTE.
Sega Rally rappresentò il balzo evolutivo ludico di quel periodo. Nemmeno Virtua Racing, arrivato prima di lui, riuscì in questo. Di Virtua Racing quello che restò fu il fatto che, uscendo di pista, le ruote della vettura si sporcavano, e tornavano pulite dopo qualche metro sull’asfalto pulito della pista. La grafica poligonale sembrava solo un vezzo estetico per far pagare la partita il doppio rispetto alle macchine più datate e tecnicamente arretrate. Non ebbe il successo che meritava, ma il popolo della sala era molto molto selettivo in questo: il cliente tipo della sala giochi era infatti l’appassionato/squattrinato che doveva centellinare paghette investendole nella passione ludica con oculata certezza di restare soddisfatto. Non c’era spazio per l’incertezza, si chiedeva sempre il massimo. C’era anche da valutare il fatto che Virtua Racing portava in scena uno sport automobilistico per palati fini.
Nella gioventù a farla da padrone era il Rally: popolare, folle, per niente accademico o snob. Il Rally era nelle case di tutti, sulla bocca di tutti, era il simbolo che ogni curva, ogni sterrato, ogni vecchio passo montano potevano essere Rally se affrontati a fuoco su una carriola. Tra noi ragazzi nessuno avrebbe voluto sedersi nella Lotus di Ayrton Senna, ma tutti sognavamo un giorno di derapare su una 205 Turbo 16. Ho nominato l’utilitaria Peugeot trasformata perché la Deltona era il sogno proibito, era la Venere delle quattro ruote motrici, una divinità. Rappresentava la follia ingegneristica assoluta che poteva trasformare una comune macchina quotidiana in una belva su ruote capace di traghettare nel suo bagagliaio sogni e passioni di chiunque la vedesse in gara. Una icona. Sega Rally, dal canto suo, interpretava perfettamente il sogno. Tempo dopo in quel di Codemasters si ammise che, non fosse stato per Sega Rally, non avremmo mai avuto un Colin Mcrae Rally, titolo più votato al simulativo ed altra icona, che però deve molto, se non tutto a SEGA ed a Tetsuya Mizuguchi, al coraggio ed all’inventiva, nonché alla capacità di ricreare in ambiente virtuale non solo un’esperienza automobilistica tangibile e soprattutto in grado di incanalare perfettamente quello che il rally rappresentava, nell’immaginario degli appassionati di tale disciplina automobilistica, ma il divertimento che può derivarne.
Tecnicamente parlando la grafica del gioco era qualcosa di mai visto prima: definita, fluida, ricca di dettagli. Le texture pulite arricchivano modelli poligonali non meno che perfetti, per l’epoca, e tutto scorreva velocissimo su schermo senza incertezze. La campionatura audio di musiche ed effetti sonori creava una miscela esaltante e nitida che completava un quadro generale veramente azzeccato. Ancora oggi, Sega Rally Championship fa scuola (per divertimento e sfida offerta) alla stragrande maggioranza di rallystici anche recenti in circolazione, basta provare per credere.
L’arcade di Sega Rally ebbe una vita estremamente lunga e felice, in sala giochi. Non c’era nessuno che non ci facesse anche una sola partita, ma ben pochi arrivavano a chiudere tutti e 4 i circuiti del gioco (circuiti, per altro, vari e ben articolati) e solo un pugno di eletti era in grado di sbloccare, e tenere in strada, la vettura bonus. Ma di quella parleremo quando discuteremo del seguito di questa meraviglia.
Possedendone la versione Saturn ogni tanto mi prendo il lusso di farlo provare a qualche amico. E tutti sono concordi, sempre, su un fattore: non fosse per l’impianto tecnico oramai superato, il gameplay rimane solido, granitico, appagante. La sensazione rallystica viene elargita a piene mani, costantemente. Impossibile accontentarsi di una sola partita, si va avanti tutta la sera.
P.S.: capita, sporadicamente, che in qualche multisala, luna park o campeggio un cabinato di Sega Rally riposi tranquillo, magari con le plastiche ingiallite, gli adesivi scoloriti e qualche scrostatura nella vernice della struttura. La gettoniera sarà lisa, usurata. La seduta levigata da migliaia di natiche. Oppure fate come l'autore dell'articolo e dotatevi delle controparti per home consoles di questo meraviglioso ed immortale gioco! Le serate di svago con gli amici sono comprese.
Non perdete questa occasione.
GAMEPLAY VERSIONE SATURN:
Ci sono arcade che diventano icone del cambiamento sempre attuali in ambito ludico. Che ne incarnano il balzo evolutivo per quanto riguarda lato tecnico e profondità di gameplay. Che diventano icone immortali. SEGA RALLY CHAMPIONSHIP è uno di questi.
Al primo impatto il gioco catturava senza via di scampo grazie ad una grafica sfolgorante e ad un sonoro veramente attraente, fatto di campionature eccellenti, musiche esaltanti e rumori galvanizzanti. Giocabilità a livelli elevatissimi; ma la presenza di sole due vetture, il costo partita doppio rispetto ad un cabinato classico e la necessaria interpretazione del motore fisico della vettura allontanavano rapidamente i giocatori meno 'capaci'. Legando a doppio filo, però, quelli con più abilità ludica. A loro SEGA RALLY resterà nel cuore.