Era il lontano 1990 quando The Secret of Monkey Island fece il suo debutto sul mercato riscuotendo un successo senza precedenti grazie alla sapiente scrittura di Ron Gilbert coadiuvato da Tim Schafer e Dave Grossman. Enigmi ben strutturati, situazioni al limite del surreale, dialoghi intrisi di umorismo e, in generale, un gameplay appassionante e coinvolgente fecero del gioco un capolavoro in grado di resistere anche alle ingiurie del tempo. Uno stile di programmazione che attingeva a piene pani da due capolavori usciti precedentemente (e per i quali aspettiamo con ansia una riproposizione... -NdR) come Maniac Mansion e Zak mcKraken and the Aliens Mindbenders. Successo che fu replicato l'anno successivo con il seguito Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, che fece la fortuna della LucasArts (la società che produsse il gioco) e ci regalò una delle avventure grafiche più belle di sempre.
A distanza di tanti anni e dopo altri tre giochi, che per motivi vari non replicarono il successo dei primi due, la saga torna alle origini, schierando in campo i suoi assi migliori, Ron Gilbert in primis e pubblicando Return of Monkey Island che si colloca all'interno della saga come il seguito naturale del secondo capitolo. Si tratta di un collegamento a 360 gradi, a partire dalla trama, fino al gameplay e poco conta che il famosissimo motore SCUMM sia stato sostituito dal nuovo DINKY. Come vedremo nella nostra analisi, siamo di fronte a un altro piccolo grande capolavoro.
La scrittura di Ron Gilbert, coadiuvato anche stavolta da Dave Grossman è tangibile e presente in ogni aspetto del gioco. In un periodo nel quale le avventure grafiche hanno alzato l'asticella verso l'alto (ne è esempio il recente Syberia: The World Before) questo tipo di giochi si rivolge sempre più a una cerchia ristretta di appassionati oltremodo esigenti. Anche perché andare a riproporre un capolavoro come Monkey Island rischia di rivelarsi un'arma a doppio taglio a causa di facili paragoni, così come è successo per i tre capitoli realizzati dal 1997 al 2009 che, a detta della critica, hanno pagato pegno per aver "scimmiottato" il concept originale senza riuscire a riproporne l'essenza. Adesso si trattava di decidere se legarsi ai primi due episodi tagliando tutto il resto oppure puntare sul continuum narrativo coinvolgendo in qualche modo tutta la saga al gran completo.
Sotto questo punto di vista il lavoro di autore e sceneggiatore rasenta la perfezione: Return to Monkey Island rappresenta il seguito naturale del secondo capitolo ma le citazioni spaziano a destra e a manca andando a richiamare personaggi presenti anche negli altri episodi della saga. Ottima anche l'idea di modificare la veste grafica del gioco: la scelta della pixel art infatti avrebbe ristretto la fruibilità del nuovo capitolo a una ristretta cerchia di nostalgici mentre l'aver rispettato le connotazioni dei personaggi adattandoli a uno stile moderno (di chiara ispirazione cubista ovviamente) rende il gioco adatto a una platea più ampia. Ancorato al passato invece è il gameplay che incarna la vera e propria essenza di un'avventura punta e clicca con una ottima semplificazione dei comandi di gioco e dell'interfaccia grafica. Personaggi ottimamente caratterizzati e soprattutto in linea con le loro "versioni originali".
Il prologo di Return to Monkey Island serve da collegamento alla trama del secondo capitolo. Ci troviamo in un parco giochi, insieme ad altri bambini, così come ci eravamo fermati nel lontano 1991. Naturalmente il prologo è un semplice pretesto per prendere confidenza con i comandi di gioco e nulla più. Alla fine raggiungeremo nostro padre, Guybrush Threepwood che ci racconterà come si avventurò ancora una volta alla ricerca del segreto di Monkey Island ed inizierà la nostra avventura vera e propria. Dal punto di vista narrativo sono trascorsi anni dalla nostra sfida contro il temibile pirata LeChuck tanto che il ritorno a Mêlée Island ci mostra personaggi che al contempo sono andati avanti: Carla è la nuova governatrice dell'isola, la nostra adorata Elaine ha abbandonato la politica e, proprio per evitare il rischio di spoiler non vi diciamo nulla sugli altri personaggi, anche se sarà un piacere incontrare nuovamente lo stravagante Stan, il vecchio Otis, il teschio Murray e tantissimi altri.
Come dicevamo in precedenza ogni personaggio che incontreremo ci collegherà alle avventure passate, attraverso i soliti dialoghi a risposta multipla denotando lo stesso carattere di allora modificato dalle ingiurie del tempo. Sotto questo aspetto tutta Mêlée Island è andata avanti, compresa la nostra amata Elaine tanto che gli unici due ancorati al passato sembrano Guybrush e la sua nemesi LeChuck: è uno spasso però vedere come i due riusciranno a coinvolgere tutti gli altri riportando indietro le lancette del tempo anche per loro. A questo punto rispondiamo subito alla fatidica domanda: "è necessario aver giocato i capitoli precedenti"? La risposta è fondamentalmente no, anche se è estremamente consigliabile per non perdersi proprio nulla delle sfumature della narrazione.
Naturalmente, nel pieno stile punta e clicca che però in Return to Monkey Island strizza l'occhio al tempo che fu, utilizzeremo il mouse per fare quasi tutto, ricorrendo alla tastiera solo per piccole scorciatoie. Cliccando su un punto della mappa il nostro protagonista si muoverà in quel punto e, quando sarà vicino a un oggetto con il quale interagire ci basterà premere il pulsante sinistro del mouse per avere informazioni e il tasto destro per raccoglierlo e metterlo nell'inventario. All'interno di questo, accessibile tramite un'icona nella parte inferiore sinistra dello schermo, potremo selezionare gli oggetti da utilizzare sullo scenario oppure combinarli tra di loro. Tutto qui: semplice, immediato e al contempo estremamente funzionale. Sono presenti, però, alcune facilitazioni come il tasto "Tab" della tastiera che evidenzia tutti gli oggetti interattivi su uno scenario, il tasto "punto" permette di scorrere i dialoghi più velocemente mentre il tasto "virgola" ci permette di rileggere i dialoghi stessi.
Fin dall'inizio il gioco ci propone di scegliere tra la modalità casual e difficile. Dal momento che non parliamo di puzzle particolarmente impegnativi il nostro consiglio è di fiondarvi direttamente sulla seconda anche perché recupereremo poi un manuale dalla maga voodoo che potremo utilizzare per ricevere un suggerimento per proseguire nella storia nel momento in cui dovessimo trovarci in difficoltà: si tratta di suggerimenti generici ma che diventano via via più specifici solo se insistiamo noi (altrimenti potremo scegliere l'opzione "mi basta, continuo da solo"). Naturalmente il consiglio è quello di ricorrervi il meno possibile sia per non rovinarvi il gusto dell'avventura, ma anche perché basta far lavorare un pochino il cervello per avere ragione di tutti gli enigmi proposti: questo perché tutto è estremamente coerente e ben realizzato pur navigando nel mare della stramberia.
La componente esplorativa del gioco ha il suo ruolo anche se tutto fila liscio su binari abbastanza prestabiliti. Più che altro a pagare è la nostra curiosità del cercare il dialogo con tutti. Spesso le risposte sono collegate alle nostre domande tanto che potrebbe essere interessante, una volta giunti alla fine, rigiocare tutto per vedere le reazioni diverse alle nostre risposte. Buona parte dei personaggi ci ricorderanno il passato, spiegandoci anche perché sono finiti lì. Il tutto però risulta condito da chiare inflessioni moderne come le citazioni ai social network giusto per fare un esempio. Come tutte le avventure che si rispettino quindi un continuo avanti e indietro ci svelerà accessi prima preclusi come quando il tizio delle carte nautiche lascia un bigliettino sulla porta comunicando la sua assenza fino a mezzanotte e lo troveremo aperto tornandoci dopo.
Sarà uno spettacolo interagire con i vari personaggi che trasudano stranezze e umorismo da tutti i pori, come il giudice Planke ad esempio, completamente fuori di testa, ma naturalmente non scherzano neanche i tre strani pirati che hanno preso il posto dei vecchi oppure il cliente esigente all'interno del ristorante, per non parlare di galline fantasma, teschi parlanti, zombie e tantissimo altro. Ci fermiamo qui, naturalmente, per non incorrere nel rischio di spoiler ma tutto il gioco è una continua fucina di citazioni e riferimenti non solo agli altri episodi della saga ma all'universo di LucasFilm in generale. Fortunatamente il nostro andirivieni non risulta mai noioso grazie agli spostamenti veloci previsti nel gioco che in un attimo ci faranno transitare da un'isola all'altra o grazie alla mappa che accelera i movimenti all'interno della stessa isola. Ad un certo punto ci muoveremo anche via mare ed è uno spettacolo vedere l'ottima caratterizzazione di Terror Island o di Brrr Muda intrisi di personaggi ancora più strambi dell'isola stessa.
In base a quanto detto Return to Monkey Island è un gioco da consigliare senza se e senza ma, non solo agli appassionati della saga, per i quali è un "must have" a tutti gli effetti ma, grazie anche alle semplificazioni apportate, anche a chi si avvicina al mondo di Monkey Island per la prima volta e, quasi sicuramente, dopo aver giocato il titolo andrà a recuperare i vecchi episodi. La parte grafica, con uno stile tutto particolare, adatta le connotazioni dei personaggi a tempi più moderni senza però snaturarli anzi, se possibile, esaltandoli ancora di più. Belli anche i fondali, con colori tenui ma perfettamente azzeccati e spesso stracolmi di dettagli così come le animazioni assolutamente fluide e in grado di esaltare le stramberie dei personaggi stessi, come nel caso di Stan o del giudice Planke.
Il gioco è doppiato (ottimamente) in lingua inglese grazie anche allo storico doppiatore di Guybrush Dominic Armato con ottimi sottotitoli in italiano che rendono bene l'umorismo presente nei dialoghi senza alcuna sbavatura. Ottime le musiche di accompagnamento, sempre sul pezzo capitolo dopo capitolo. Sul gameplay c'è poco da dire, semplice, immediato e sicuramente efficace. La narrazione è il pezzo forte di tutto il gioco con una storia sempre coinvolgente, appassionante e in grado di collegare le storie passate con quelle presenti in modo praticamente impeccabile. Se dovessimo cercare il pelo nell'uovo potremmo citare la facilità degli enigmi che, solo raramente, metteranno in crisi qualche nuovo giocatore mentre non impensieriranno gli appassionati dei giochi di avventura abituati a ben altre difficoltà. Ad ogni modo gli aiuti presenti non lasceranno bloccato nessuno e l'avventura, completabile in circa 9-10 ore si lascia godere in piena scioltezza.
Non era facile replicare il buon livello dei primi due capitoli della saga ma possiamo affermare che gli sviluppatori ci sono riusciti in pieno grazie, va detto, a Ron Gilbert che è colui che ha creato il mondo di Monkey Island e che, sicuramente, era l'unico che potesse riproporlo con successo. Come dicevamo all'inizio un piccolo grande capolavoro che non può mancare nella vostra collezione.
Modus Operandi:
abbiamo accompagnato Guybrush Threepwood grazie a un codice gentilmente fornitoci da Cosmocover.