Quando si parla di Fortnite Battle Royale, è prassi piuttosto comune l’idea che Epic Games non avesse neppure idea di cosa stesse per lanciare quando, nel bel mezzo della Closed Beta della modalità “Salva il Mondo”, aprì pubblicamente i server del titolo più giocato dell’ultimo anno: non si trattava infatti del primo Battle Royale esistente [tanto per dirne uno: PlayerUnknown's Battlegrounds], ma per una serie di motivi – prima fra tutti la natura Free-to-Play – si impose al grande pubblico ad una velocità impressionante [con buona pace del MOBA Paragon – una prece]. Viceversa, possiamo supporre che Electronic Arts e Respawn Entertainment sapessero ESATTAMENTE cosa stessero realizzando nei mesi antecedenti alla “sorpresa” dello scorso 4 Febbraio quando, quasi senza annuncio preventivo, lanciarono su PC, PS4 e Xbox One il loro Battle Royale Free-to-Play: Apex Legends – Apex per gli amici.
Diciamocela tutta: fino al 3 Febbraio nessuno di noi sapeva bene cosa stesse per arrivare e molti fra i più informati arrivavano al massimo a pensare che EA volesse “cavalcare la moda” dei Battle Royale con un prodotto buttato lì in quattro e quattr’otto. In realtà i ragazzi di Respawn stavano lavorando ad Apex dal 2017, ossia dal lancio di PUBG: indubbiamente l’andazzo di quest’ultimo e di Fortnite ha influenzato le varie fasi di sviluppo, ma certamente l’idea di base era in essere sin dal principio. Long story short: 1 milione di nuovi utenti durante le prime 8 ore, 2.5 milioni dopo 24 ore, 10 milioni in 3 giorni, 25 milioni in una settimana con picchi di 2 milioni di utenti contemporaneamente attivi. E su Twitch le classifiche si stravolgono.
Ma cosa offre Apex in più, o semplicemente di differente, rispetto a Fortnite per aver portato una così consistente fetta di utenza e di Influencer – tra cui il seguitissimo streamer Ninja – a mettere da parte il titolo Epic per riversarsi in massa sui server EA? Prima di rispondere a questa domanda, cercheremo di identificarne piuttosto i punti in comune. Entrambi i titoli, s’è detto, sono dei Battle Royale: questo significa che sono degli sparatutto in soggettiva (Apex) o semisoggettiva (Fortnite) in cui un gran numero di giocatori si lancia su un campo di battaglia ben delimitato per cercare di eliminarsi a vicenda finché non rimarrà in piedi un solo vincitore, sia esso un singolo (Fortnite) o una squadra (entrambi i giochi); un apposito Anello energetico circolare che si restringe a intervalli regolari e che danneggia chiunque ne rimanga all’esterno fa sì che il campo di battaglia diventi via via più claustrofobico man mano che la partita va avanti e i concorrenti si riducono. S’è detto anche che entrambi i titoli sono Free-to-Play, il che significa che è possibile scaricarli e giocarci gratuitamente, salvo poi spendere soldi per ottenere skin o animazioni per i personaggi o per le armi la cui utilità è però unicamente estetica.
Ora che abbiamo chiaro su quale campo di battaglia i due titoli si fronteggiano, possiamo vedere in cosa effettivamente il prodotto di Respawn cambi le carte in tavola. Ambientato nel mondo di Titanfall (ma senza l’ausilio dei Titani), come si è accennato Apex propone una inquadratura in prima persona: può sembrare una piccolezza, ma non sono pochi gli utenti a preferire questa impostazione rispetto alla semisoggettiva del titolo Epic. Per la realizzazione tecnica si è utilizzato il medesimo motore Source nato per Titanfall, ma soprattutto si è scelto di mantenere lo stile sul livello semi-realistico della serie di riferimento, a dispetto del mondo colorato e scanzonato di Fortnite [con tutto il rispetto del mondo per l’Unreal Engine 4].
La mappa di Apex Legends, denominata Canyon dei Re, ha un’estensione palesemente più contenuta rispetto agli altri titoli dello stesso genere, ma compensa questa modestia riducendo a 60 il numero di giocatori. Se da un lato quindi l’ebbrezza di “giocare in 100” viene ridimensionata, dall’altro le partite hanno una durata media più contenuta e soprattutto si riduce drasticamente la necessità di percorrere grandi distanze (per lo più vuote) che in altri giochi trasmettevano l’idea di un “simulatore di corsa campestre”. Inoltre, orologio alla mano, anche i tempi di Matchmaking risultano più contenuti.
Ma la differenza più importante di Apex Legends sta nella seconda parte del nome, ossia le Leggende: a differenza degli altri Battle Royale, ciascun giocatore dovrà scegliere il proprio alter ego tra un roster che al momento conta 8 personaggi (di cui 2 da sbloccare con soldi reali o con la valuta ottenibile in-game), ciascuno con le sue abilità speciali. Non parliamo di velocità, resistenza o forza: questi parametri sono parificati, e pertanto la stessa arma farà lo stesso danno a prescindere da chi la impugna e da chi riceve il proiettile in testa; ciascuna Leggenda avrà invece tre vere e proprie abilità uniche. La prima delle tre è “passiva”, ossia sempre in funzione quando si verificano determinate condizioni – per esempio, Wraith riceve una segnalazione acustica quando si avvicina ad un nemico. La seconda è di “utilità” e si ricarica nell’arco di pochi secondi – per esempio Lifeline può schierare un piccolo bot che rigenera la vita degli alleati adiacenti. La terza è una vera e propria “Ultimate” dai tempi di ricarica importanti (minuti) con effetti però decisamente interessanti – per esempio Bangalore può ordinare un bombardamento aereo entro una certa area.
Il risultato è ovviamente un’impostazione strategica/tattica della partita differente: per valorizzare al meglio determinate abilità occorrerà preferire un approccio all’esplorazione e perché no alle armi da raccogliere differenti rispetto ad altre, così come è necessario padroneggiare differenti tecniche di ingaggio per differenti nemici. Insomma: niente che i giocatori di Overwatch o di Rainbow Six già non conoscano, ma sicuramente una novità sostanziosa nell’ambito dei Battle Royale.
Non a caso abbiamo citato OW e R6, entrambi titoli basati sul gioco di squadra: leggendo tra le righe di quanto detto, appare infatti evidente che alcune di queste abilità abbiano effetti studiati per il gioco di squadra perché intervengono direttamente sugli alleati o perché “combano” bene con altre abilità; non fa storcere il labbro pertanto il fatto che al momento attuale Apex sia impostato esclusivamente per il gioco in squadre da 3 e non è possibile, dunque, lanciarsi nel Canyon dei Re in solitaria [a meno di tragiche disconnessioni dei compagni]. Ovviamente, si tratta di una configurazione che favorisce l’uso della chat vocale e del coordinamento diretto, ma gli sviluppatori hanno pensato bene di rendere l’esperienza fruibile anche ai gruppi “random” grazie ad un semplice ed efficiente sistema di segnalazioni: basterà infatti cliccare un unico tasto specifico per comunicare agli alleati la presenza di un’arma o di munizioni raccoglibili, o la nostra intenzione di esplorare una determinata zona; non ultimo, il “doppio click” segnalerà la presenza di un nemico.
Altro elemento fondamentale del gioco di squadra è il fatto che un alleato colpito possa essere non solo “rianimato” se soccorso “a un passo dalla morte”, ma addirittura riportato in gioco se si riesce a portare la sua “placca” (reperibile dalla cassa-cadavere) fino a uno dei punti di respawn; certo, il respawn avviene senza nessun equipaggiamento, ma è sempre meglio nudo come mamma m’ha fatto che six feet under. Ne consegue che fintanto che almeno uno dei membri del team è ancora in piedi, un caduto può sempre sperare di tornare in gioco, e questo limita un po’ il fenomeno delle morti entro il primo minuto.
Ovviamente non tutto è rose e fiori: in Apex, per esempio, non sono presenti armi pesanti: ci sono, è vero, granate a frammentazione o incendiarie, nonché degli Shuriken elettrici molto coreografici, ed è altrettanto vero che ben due Leggende possiedano Ultimate dirompenti ma, almeno per il momento, non c’è traccia di lanciamissili, bazooka o lanciagranate. D’altro canto, un’altra funzionalità totalmente assente in Apex è la possibilità di costruire pareti e scale e pertanto non è neanche indispensabile un sistema di “distruzione rapida” delle stesse. Perché non inserire questa feature? Beh, tanto per cominciare parliamo di qualcosa che è estremamente caratteristico di Fortnite, e replicarlo sarebbe probabilmente stato uno “scimmiottare” il titolo Epic; in secondo luogo, così come per la visuale soggettiva, non sono pochi i giocatori (soprattutto della “vecchia guardia”) a non aver mai visto di eccessivo buon occhio il sistema di costruzione, o per lo meno il fatto che fosse più rapido e facile [e scriptabile] costruire una fortezza piuttosto che ricaricare uno shotgun.
Insomma, Apex Legends ha esordito col “botto” proponendo un gameplay più veloce e concentrato rispetto alla concorrenza, puntando sulla varietà delle Leggende piuttosto che sulla dimensione della mappa, offrendo nel contempo un comparto tecnico di tutto rispetto – salvo qualche errore veniale al rientro nella lobby dopo una partita – e ampi margini di crescita. È nato quindi l’Anti-Fortnite? Difficile a dirsi: è innegabile che uno dei motivi dietro a questo “botto” sia l’effetto novità, ma solo il tempo ci dirà se EA e Respawn saranno in grado di mantenere alto l’interesse del pubblico. Certamente non mancano i buoni propositi: si sa per esempio che sono in programma la modalità a coppie e quella in solitario, le partite classificate, il cross-play tra le varie piattaforme e, presumibilmente, nuove Leggende e nuove armi; anche la conversione per Android, iOS e Switch, sebbene non ancora pianificata, sarebbe in discussione. Ma quando tutto ciò? Con quale ritmo? E soprattutto: quale sarà la prossima mossa di Epic per recuperare l’utenza perduta?
Mettetevi comodi perché la sfida è appena iniziata…
Modus Operandi:
Ci siamo lanciati nel Canyon dei Re scaricando gratuitamente il client di Apex Legends tramite il PlayStation Store.