Quando qualche mese fa abbiamo provato il nuovo gioco di Altered Matter (qui la nostra anteprima) siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall'originalità dell'idea: un'avventura platform con chiari contorni di puzzle game intercalata in un modo surreale che, in quanto tale, se ne strafrega delle leggi della fisica e dei punti di riferimento che regolano la nostra vita di tutti i giorni. L'idea poi di un corpo e una voce separati per chissà qualche guazzabuglio interdimensionale e alla continua ricerca l'uno dell'altra, faceva da contorno a un comparto narrativo che prometteva davvero una bella storia. Vediamo, con la versione finale, come sono andate le cose.
Una volta visionato il breve filmato introduttivo che ci prospetta un personaggio assolutamente fuori dai canoni convenzionali, senza volto e trasparente in parte nel suo involucro protettivo (si vedono solo il cervello, la cassa toracica e alcuni vasi) ci rendiamo conto di trovarci indubbiamente in un "altroquando" (giusto per citare il buon Dylan Dog). Il nostro alter ego non ha un nome né una collocazione cronologica né tantomeno spaziale: ci viene esclusivamente detto che deve ritrovare la sua voce, separata dal corpo per qualche causa non meglio precisata. In realtà il comparto narrativo promette ben altro, toccando punti "spinosi" come l'origine della vita, il potere del linguaggio verbale e non, il simbolismo nudo e crudo e tante altre amenità che lasciamo a voi il piacere di scoprire. La stessa conformazione grafica dei mondi che visiteremo fa dell'astrattismo il suo punto di forza. Come dicevamo avremo l'impressione di trovarci all'interno di quadri di alcuni mostri sacri della pittura come Magritte, Dalì e ovviamente Picasso con una scelta cromatica volutamente soft e con colori non troppo sgargianti e con delle strutture che sembrano uscite dalla fantasia di un folle. Il tutto serve a elaborare un gameplay che di base è semplicissimo: raccogliere delle sfere per attivare i vari passaggi che ci permetteranno di raggiungere una grossa sfera finale che, catapultandoci nel nostro albero dal quale siamo partiti ci permetterà di passare al livello successivo.
In realtà raggiungere il nostro obiettivo sarà tutt'altro che agevole: il mondo mistico che ci ospita infatti non risponde alle leggi fisiche (come dicevamo) che regolano la nostra vita reale. Di conseguenza i punti di riferimento sono ben diversi da quelli ai quali siamo abituati e le leggi di gravità non esistono. Ci troveremo più volte e scalare muri (in verticale) o a ritrovarci a testa in giù. In realtà potremo percorrere tranquillamente percorsi che risiedono sullo stesso piano (orizzontale e verticale) mentre i salti su piani diversi ci faranno precipitare inesorabilmente verso una fine orrenda, ma per fortuna senza conseguenze. Gli angoli curvi servono per il cambio di prospettiva. Se la descrizione del mondo di Etherborn è complicata, giocarvi è ancora più difficile almeno finché non si prende confidenza con un mondo che, diciamola tutta, non ci appartiene. Come in un'esperienza onirica potremo muoverci in modo non convenzionale salvo poi scoprire che, a differenza dei sogni, ci sono comunque delle regole che limitano il nostro movimento: capire queste regole richiederà un bel po' di partite anche perché il gioco fa di tutto per metterci in difficoltà a cominciare dalla mancata possibilità di poter ruotare la telecamera.
Va dato atto agli sviluppatori comunque di aver ben calibrato il sistema di difficoltà/apprendimento con puzzle all'inizio banali (il primo livello è quasi un tutorial in-game) che però crescono in complessità di pari passo con la nostra esperienza di gioco. A rendere le cose difficili però ci pensano alcune scelte sul gameplay e sul comparto tecnico. Dopo la già citata telecamera, impossibile da manovrare e che ci avrebbe permesso degli sguardi d'insieme a volte risolutivi, anche alcune scelte grafiche lasciano un po' dubbiosi. Ad esempio le curvature sui blocchi, necessarie come dicevamo per i cambi di prospettiva il più delle volte sono troppo nascosti facendoci scervellare anche più del dovuto alla ricerca di una corretta via di fuga. I continui cambi di prospettiva inoltre non facilitano sicuramente il nostro sistema visivo, con sensazioni parecchio antipatiche come vertigini e mal di testa che sono dietro l'angolo. Tutto questo rende Etherborn un gioco da godersi a piccole dosi. La risoluzione dei vari puzzle comunque non sarà avara di soddisfazioni, soprattutto nei livelli più avanzati quando ci si mettono di mezzo anche alcuni elementi dello scenario a complicarci la vita.
Dal punto di vista tecnico Etherborn si costella di alti e bassi. L'impatto grafico pur se minimalista è comunque uno spettacolo per gli occhi, così come le animazioni (semplici) che non soffrono di rallentamenti e incertezze di nessun tipo. L'atmosfera di gioco è naturalmente surreale, quasi mistica per un gioco che non fa del dinamismo il suo punto di forza. Etherborn è un titolo che ci costringerà a ragionare e a spremere per bene le nostre meningi per tutti i suoi cinque livelli e per tutte le 5-6 ore che saranno necessarie per completarlo. La parte audio fa bene il suo lavoro con musiche composte quasi esclusivamente da archi e con una voce narrante molto suadente e ben intercalata in tutto il contesto, anche se manca il doppiaggio in italiano fortunatamente compensato da buoni sottotitoli.
Etherborn, come abbiamo anticipato nella nostra anteprima, è un gioco difficile, lento, non adatto a tutti ma in grado comunque di offrire qualche soddisfazione a chiunque voglia cimentarvisi. A spostare l'asticella verso il basso ci pensa la narrazione: spesso confusa e comunque troppo astratta il più delle volte non ci fa comprendere dove gli sviluppatori vogliano andare a parare. Peccato perché i temi affrontati avrebbero meritato un coinvolgimento narrativo migliore mentre sembra che quelle quattro righe siano state scritte solamente da contorno, giusto per inventarsi qualcosa e nulla più.
Riguardo al gameplay abbiamo già detto e comunque tenete presente che può anche generare qualche problema di adattamento visivo ai videogiocatori, proprio per la mancanza di prospettive e per la scarsità di aiuti di qualunque tipo, videocamera in primis. In conclusione ci sentiamo di consigliare Etherborn solo agli amanti delle sfide toste e comunque dopo averlo provato, giusto per saggiare se siate in grado di sopportarne e di apprezzarne le prospettive grafiche che offre.
Modus Operandi:
abbiamo esplorato l'universo di Etherborn grazie a un codice fornitoci dagli sviluppatori.