Ci sono voluti ben due anni di accesso anticipato per poter provare la versone definitiva di We Happy Few. Era il mese di agosto del 2016 quando, scrivendo la nostra preview preannunciavamo l'uscita del prodotto finale per il 2017. Siamo nel 2018 e, finalmente, il parto è avvenuto anche se, come vedremo, qualche altro mese di gestazione non avrebbe di certo guastato. Durante il travagliato sviluppo comunque il gioco ha addirittura cambiato genere, passando dal survival all'action adventure con tutta una serie di modifiche che ne hanno un po' snaturato l'essenza originaria.
La trama principale del gioco, come ricorderete, si articola nei dintorni di Wellington Wells, un'isola britannica che, a causa di un conflitto mondiale andato in modo diverso da come lo si conosce, sprofonda in un turbine di rimorsi e disperazione. Cronologicamente siamo intorno al 1964, i tedeschi hanno vinto la guerra e la nostra isoletta ha giocato un ruolo fondamentale nella risoluzione del conflitto. Ci si trova di fronte a una realtà alternativa dove l'unica via di fuga escogitata dagli abitanti di Wellington è passata attraverso l'assunzione di una droga, il Joy che, intorpidendo i sensi e alterando la realtà, ha gettato tutti gli abitanti nell'oblio. L'uso della droga è stato letteralmente imposto dalle autorità locali mascherando sotto un'apparente felicità perenne una nuova forma di schiavitù. In questo contesto si intercala il nostro protagonista, Arthur Hastings, impiegato presso il municipio locale ed addetto alla vigilanza sulle pubblicazioni del tempo, promuovendone o censurandone il contenuto. Quando però si trova davanti un articolo sul fratello Percival da tempo scomparso, decide di non assumere più il Joy per mantenersi lucido e tentare di ritrovarlo trovandosi, naturalmente, in un mare di guai.
La scelta fra l'assumere il Joy uniformandosi al resto della popolazione e vivendo di continue amnesie, oppure non assumerlo diventando all'improvviso straniero tra i suoi concittadini lo perseguiterà (e il giocatore appresso a lui) per tutta la durata dell'avventura ma, come sempre, la giusta strada starà proprio nel mezzo. È una storia basata sui compromessi e soprattutto sullo spirito di adattamento del nostro protagonista che, con fare camaleontico, dovrà cercare di farsi notare il meno possibile.
Come in una dimensione parallela quindi We Happy Few ci presenta un mondo che non esiste ma che avrebbe potuto sussistere se solo alcuni eventi fossero andati in maniera diversa. Come una sorta di butterfly effect quindi si viene catapultati in un mondo strano, per certi versi surreale ma tutto sommato credibile. L'idea non è proprio originalissima, basti pensare a Bioshock o a Dishonored, due titoli dai quali il gioco Compulsion Games attinge a piene mani. Fin dall'inizio infatti la posta pneumatica, grazie alla quale gli articoli potranno essere mandati in stampa, ci ricorda le atmosfere del gioco di Ken Levine e, naturalmente, i riferimenti non finiscono qui. Basti pensare ai grimaldelli e allo scassinamento delle varie porte giusto per fare un esempio. Le citazioni a Dishonored sono altrettanto presenti, soprattutto nei combattimenti e nelle ambientazioni surreali. Potremmo comunque continuare all'infinito, citando le maschere di Arancia Meccanica, 1984 di Orwell e molto altro ancora.
Tutta la trama, che scopriremo pian piano durante lo stesso gioco, vista la mancanza di un video introduttivo principale si snoda sul tentativo di evadere da uno standard. Basta non assumere la droga per rendersi conto che esiste un'altra realtà, ben diversa da quella che ci ha accompagnati negli ultimi anni ma al contempo basta non assumerla per ritrovarsi tutti contro, a partire dalle autorità fino agli stessi nostri concittadini. Verità o inquadramento? Rischio o una vita serena e felice ? La felicità gioca un ruolo fondamentale, al punto che chi non assume il Joy viene bollato come Musone, come colui cioè che non vuole essere felice e quindi meritevole di condanna. E poi c'è la vita al di fuori della città, dove abitano i non civilizzati (o meglio i non uniformati), coloro che hanno rifiutato la felicità e che quindi, reietti dal popolo, vengono definiti Straccioni. Naturalmente siamo di fronte a due estremismi assoluti al punto da mettere a dura prova la nostra capacità di adattamento a seconda del luogo dove ci si trova, giusto per rendersi conto che nessuno dei due popoli sia più giusto rispetto all'altro. Gli abitanti di Wellington sono perennemente felici, mentre gli straccioni sono continuamente sospettosi, litigiosi, un po' come avveniva in Demolition Man (di Stallone) tra gli abitanti estremamente puliti e gli stranieri assolutamente sporchi.
Sistema Operativo: Windows 10 a 64 bit - Direct X versione 11 - 8 GB di Ram - CPU: Triple Core Intel o Amd da almeno 2 Ghz - Scheda video: Nvidia 460gtx o AMD Radeon 5870HD o superiore - HD: circa 11 GB. Grazie a Xbox Play Anywhere, acquistando il gioco per la versione PC oppure per Xbox One lo si può installare in entrambe le piattaforme.
Il gioco si presta più ad un approccio ragionato che ad una speed run. Spesso infatti sarà necessario non dare nell'occhio e quindi ricorrere alle nostre capacità di mimetizzazione per evitare di trovarci in una condizione di inferiorità e quindi di vulnerabilità. Naturalmente la capacità di adattamento all'ambiente circostante sarà fondamentale, non solo dal punto di vista dell'abbigliamento e del comportamento: l'assunzione del Joy sarà necessaria in alcune locazioni, per superare ad esempio sensori di rilevamento in grado di far scattare l'allarme se attraversati da un soggetto non condizionato, l'importante sarà non esagerare per evitare di ritrovarsi intontiti e quindi vulnerabili nel senso opposto. Dovremo stare attenti a non correre, scassinare oppure ad altri comportamenti che potrebbero insospettire gli abitanti della città o del circondario e comunque ci toccherà anche dedicare attenzione al nostro stato di salute. A differenza dell'early access dove la prolungata carenza di cibo o di acqua ci conduceva a una morte inesorabile, in questa versione definitiva il calo della barra stamina ci renderà più deboli, soprattutto in combattimento. Sarà importante mangiare, bere e soprattutto dormire per ripristinarla, pena delle cocenti sconfitte quando verremo attaccati.
Le fasi di combattimento ci vedranno quasi sempre soccombere se le affrontiamo a mani nude, ma per fortuna il nostro eroe può utilizzare a suo favore qualsiasi oggetto gli capiti a tiro, mentre altri se li può addirittura costruire da sè investendo nei vari oggetti trovati qua e là. Spesso, ad esempio, sarà meglio distrarre i nostri avversari con il lancio di oggetti, giusto per farli spostare e quindi sgattaiolare alle loro spalle. Il più delle volte comunque una sana fuga sarà risolutiva anche grazie ad una I.A. molto permissiva (forse troppo) che ci permetterà di mimetizzarci facilmente per sfuggire ai nostri nemici. Morire ci permetterà di ricominciare dallo stesso livello, magari ripetendo gli ultimi passaggi prima della dipartita: a volte però morire sarà addirittura vantaggioso, soprattutto quando avviene per colpa di trappole che troveremo disinnescate alla successiva run. Questo non può sicuramente considerarsi come un aspetto positivo ma, obbligatoriamente va visto come un errore da parte degli sviluppatori.