Illusion Ray Studio è un team di ragazzi polacchi molto più votati alla cinematografia che ai videogames. Sono appassionati di cinema, di tecnologia e soprattutto di creazione di particolari atmosfere immersive che mirano alla piena immedesimazione dello spettatore nello scenario. The Beast Inside è il primo tentativo di fondere la loro passione con il mondo videoludico e questa tendenza, come vedremo, la si vede pienamente nella loro opera prima. Non c'è da stupirsi, quindi, se il loro gioco sbalordisce da un punto di vista grafico e perde qualche passaggio nelle meccaniche di gameplay e di narrazione, ma andiamo con ordine.
Ci troviamo nel 22 agosto del 1979, in piena Guerra Fredda fra mondo orientale e controparte occidentale, ridotta poi alle due superpotenze di allora, U.R.S.S. e Stati Uniti d'America. Adam, il nostro primo protagonista, si occupa di decodificazione per conto della CIA: in un'epoca di spionaggio scellerato dove ognuno cercava di decodificare e interpretare le comunicazioni dell'altro, queste figure assumevano un ruolo fondamentale. Per chiarirci meglio le idee sulla Guerra Fredda, dovremo far ricorso a qualche libro di storia recente per capire come la bellicosità delle due nazioni si limitasse alla corsa allo spazio oppure a quella particolare scoperta scientifica da raggiungere prima dell'avversario in modo da dar voce a una propaganda sempre più spietata: capitalismo da una parte e comunismo dall'altra, temi importanti affrontati ampiamente nella cinematografia degli anni 60-70 oltre che nella letteratura.
Per tornare al nostro Adam quindi, questi si reca in una sperduta casa di famiglia, appartenuta al padre, dove rilassarsi in pace con la moglie incinta e potersi così dedicare alla decriptazione di messaggi particolarmente importanti. In realtà la casa sperduta nel bosco è un cliché abusato nel mondo horror, basti pensare alla casa di Raimi giusto per fare un banale esempio. I primi passi nel gioco fungono, come sempre, da tutorial, giusto per prendere confidenza con i comandi fortunatamente ben supportati su controller e con l'inquadratura di gioco rigorosamente in prima persona. Il nostro Adam si occuperà di piccole faccende domestiche, in un ritmo calmo e rilassato, come spostare alcuni scatoloni, pitturare alcune pareti finché, come sempre accade in questi casi, si imbatterà quasi casualmente in un diario appartenuto a un certo Nicolas Hyde, proprietario tanto tempo fa di quella stessa abitazione.
Nicolas è vissuto nel 1864 e, anche lui come Adam, si è recato a vivere in quella stessa magione appartenuta a suo padre, trovandola stranamente vuota. A differenza della situazione più recente di Adam però l'ambiente che circonda Nicholas è buio, tetro, quasi inquietante. Questa dicotomia tra presente e passato si ripercuote anche sull'ambientazione di gioco che passa da un ambiente luminoso, dove l'unica tensione è rappresentata dall'esplorare una casa disabitata da tempo a un ambiente oscuro dove invece la tensione si sposta alla presenza nell'abitazione di entità sconosciute e di ombre terrificanti. È un continuo connubio tra thriller (di giorno) e horror (di notte) dove il gioco sguazza facendoci fare continui salti nel tempo e mettendo nelle nostre mani il destino di entrambi i protagonisti. L'unico anello di congiunzione è rappresentato da un localizzatore quantico, uno strano strumento che ci permetterà di osservare gli ambienti vedendo su una TV, naturalmente a tubo catodico, chi si trovava in quello specifico posto tanto tempo fa.
Buona parte del gioco si limita all'esplorazione, alla continua ricerca di documenti utili a schiarirci un po' le idee sulla trama. Come ogni buon film horror che si rispetti, che alterna momenti di quiete ad altri di improvvisa tempesta, anche il gioco di Illusion Ray non è da meno rilassandoci con Adam e facendoci sobbalzare dalla sedia con Nicolas. Nei panni di Adam potremo interagire con quasi tutti gli elementi presenti sullo schermo e ci muoveremo arditamente per le varie stanze della casa spinti dalla nostra curiosità e voglia di scoperta, mentre Nicolas tenderà a nascondersi, muovendosi al buio grazie ad alcuni fiammiferi e a una vecchia lampada: uno agisce e l'altro si nasconde, a testimonianza di questa doppia natura del gioco che gli sviluppatori hanno provato a fondere insieme. Sono presenti anche delle armi e delle piccole fasi action (come una boss fight nei panni di Nicolas) ma si capisce facilmente che gli obiettivi del gioco sono ben altri. I vari puzzle ambientali poi sono ben realizzati, impegnandoci al punto giusto senza mai farci cadere nella frustrazione e permettono di mantenere vivo l'interesse del giocatore grazie a continui salti temporali ben studiati e a degli ambienti di gioco ben realizzati. Sicuramente l'impressione è che si sarebbe potuto osare un tantino di più, soprattutto dal punto di vista della narrazione che lascia senza risposta parecchie domande o affronta superficialmente alcune tematiche. Così com'è comunque il giocattolo funziona abbastanza bene, perché riesce nel suo obiettivo principale di tenere viva l'attenzione del giocatore fino al completamento della storia, più o meno quantificabile intorno alle 10 ore di gioco.
Come si può leggere anche sul sito ufficiale di gioco oppure provando la demo, gli sviluppatori hanno puntato parecchio sulle tecniche di fotogrammetria, complicata tecnica che permette di acquisire forma e posizione di un oggetto da un paio di fotogrammi stereometrici: discorsi avulsi a parte il tutto serve a migliorare l'immedesimazione e l'immersione del giocatore nel contesto di gioco, grazie a un aumentato realismo. Effettivamente provando The Beast Inside, il meccanismo funziona abbastanza bene, complice anche una colonna sonora con effetti speciali in grado di tenere alta continuamente la tensione soprattutto nei panni di Nicolas: anche se non sempre siamo sobbalzati dalla sedia, grazie ad alcuni colpi di tensione un po' "telefonati", la suspence sicuramente non manca e ci troveremo a muoverci con continua circospezione nei vari ambienti di gioco. La meccanica horror comunque funziona molto bene, così come la controparte thriller che invece riguarda Adam.
Ad abbassare sensibilmente l'asticella della valutazione finale concorre inizialmente un comparto grafico tipico di un budget ridotto in fase di produzione che presenta, quindi, animazioni non proprio fluidissime e qualche texture (volti compresi) a risoluzione più bassa. Altra nota negativa è data dalla mancata localizzazione in italiano, anche per i sottotitoli. Possiamo capire la disponibilità limitata, ma un gioco tradotto in nove lingue, comprese portoghese brasiliano e turco, non può ignorare l'idioma del bel paese. Questa è una limitazione non da poco per un titolo che punta molto sulla narrazione e che rischia di far perdere il divertimento a chiunque non mastichi una delle 9 (e ripetiamo 9) lingue supportate.
Se invece non avete problemi di lingua allora potreste dare una possibilità a The Beast Inside: vi troverete davanti un titolo che osa molto, con la continua alternanza di due personaggi e di due epoche così lontane, una storia tutto sommato intrigante e un'atmosfera di gioco ben realizzata. Non ci troviamo davanti ad un capolavoro, ma ad un buon gioco sì, in grado di intrattenere il giocatore fino alla conclusione. Qualcosa sicuramente poteva essere migliorata ma, alla fine dei conti, vale il prezzo del biglietto.
Modus Operandi:
abbiamo giocato con Adam e Nicolas grazie ad un codice fornitoci da PlayWay.