Un fatto tristemente noto nell'industria ludica è che non sempre le grandi case e i grandi nomi siano disposti a realizzare titoli sperimentali, preferendo affidarsi ad un “more of the same” economicamente più sicuro e redditizio. Fortunatamente le eccezioni non mancano [chi ha detto “Death Stranding”?], ma in generale se si vuole trovare qualcosa di concettualmente stimolante occorre rivolgere il proprio sguardo al mercato Indie. In quest'ottica, l'opera di Sergey Noskov costituisce un esempio lampante: in 7th Sector c'è sicuramente tanto dello spirito di opere come Another World o Limbo. Ma andiamo con ordine.
L'ambientazione che ci si presenta all'avvio del gioco è quella di un mondo futuristico e distopico, sospeso tra il cyberpunk e l'orwelliano: non avremo mai una descrizione esatta degli accadimenti, ma si intuisce che il Settore 7 che dà il nome al gioco – con un 7 che sembra una Z – sia un luogo in cui convivono tecnologie ormai vetuste come gli schermi a tubo catodico e altre molto avanzate come robot di vario genere [insomma: fantascienza anni '60] mentre la popolazione è in qualche modo soggiogata ad un regime dittatoriale. In questo contesto prende vita il nostro protagonista, il quale comparirà per la prima volta sottoforma di un'immagine confusa nell'effetto neve di un monitor: da qui assumerà la forma di una scintilla in modo da potersi infilare in un cavo elettrico e tentare la fuga.
Questo incipit probabilmente vi lascerà un po' interdetti, ma credeteci: non è ancora niente. 7th Sector si inserisce indubbiamente nella categoria dei puzzle game: il nostro scopo sarà quello di proseguire da una zona all'altra risolvendo volta per volta gli enigmi e le prove che ci si pareranno davanti. In forma di scintilla per esempio dovremo correre lungo i cavi saltando dall'uno all'altro con un arco voltaico quando sufficientemente vicini, far scattare interruttori, hackerare centraline e terminali di computer, manovrare servomeccanismi e così via. Ma l'esperienza di gioco non si esaurirà qui: l'avventura della nostra scintilla assumerà infatti nuovi contorni nel momento in cui riuscirà ad installarsi in un dispositivo robotico, con conseguente modifica del gameplay. Nel gioco impersoneremo infatti tre tipi di robot differenti, prima di arrivare alla fase finale in cui assumeremo addirittura il controllo di un essere umano.
In tutte queste fasi il gioco manterrà un'impostazione bidimensionale: utilizzeremo l'analogico sinistro per muoverci nelle varie direzioni – normalmente limitate a destra e sinistra, tranne con il robot volante – accelerando il movimento con il tasto Quadrato; Croce è il tasto dedicato all'interazione, mentre R2 permetterà di accucciarsi [solo forma umana]; la croce direzionale, infine, entrerà in gioco durante la risoluzione di alcuni enigmi e permetterà di prendere la mira con il robot da combattimento. I comandi, è bene dirlo subito, non offrono la risposta migliore del mondo: durante la risoluzione degli enigmi “statici” il problema ovviamente non si pone, ma nelle situazioni più dinamiche il gioco paga lo scotto di un'eccessiva approssimazione. Il fatto, per esempio, che il robot da combattimento si muova con l'analogico sinistro e prenda la mira con la croce direzionale [anch'essa sulla sinistra del controller] fa capire come non siamo al cospetto dell'interfaccia più funzionale del mondo.
D'altronde il gioco stesso non si presenta come il più lineare e “funzionale” del mondo, perché al passaggio da una forma all'altra assistiamo infatti a veri e propri shock in termini di gameplay: se nella fase iniziale dovremo risolvere puzzle e dedurre codici, anche in modo matematico, più avanti dovremo combattere per la vita o evitare i nemici con meccaniche proprie dello stealth. Non parliamo di “sessioni particolari” inserite in un contesto più lineare: qui parliamo di un vero e proprio “cambio di marcia”, come se il gioco a cui abbiamo giocato fino a quel momento di punto in bianco cedesse il passo a un altro che condivide col precedente solo il motore grafico Unity. In realtà saltuariamente gli enigmi e i puzzle torneranno a sbarrarci la via, ma il cambiamento è notevole: sembra quasi che l'autore, dopo aver sviluppato un certo tot di livelli, si sia “stufato” e abbia deciso di dedicarsi ad altro, riunendo poi tutto il lavoro in un unico prodotto.
In realtà, fortunatamente, le cose non stanno propriamente così, perché 7th Sector ha indubbiamente un'anima portante: il desiderio di libertà, il moto di rivolta, qualcosa che nasce dal nulla come una scintilla [appunto], viaggia per il mondo e risveglia gli animi, contagiando e diffondendosi fino all'epilogo – epilogo che facendo tutto giusto si può raggiungere in un paio d'ore [ovviamente al primo passaggio impiegherete molto di più] ma che si sfaccetta in 4 differenti finali a seconda che abbiate risolto o meno determinati puzzle opzionali. Unitamente ad una realizzazione veramente suggestiva, queste riflessioni riescono a farci superare persino l'irritazione generata dall'interfaccia testarda e rivedibile. Il gioco non offre alcuna traduzione in Italiano, ma essendo per lo più indipendente dalla lingua non dovrebbe costituire un problema tenere i menù in Inglese. La colonna sonora, realizzata da Nobody's Nail Machine, è ottimamente realizzata, molto evocativa e si sposa egregiamente con le atmosfere del gioco.
Insomma: non stiamo certamente parlando del classico puzzle-game, ma di un prodotto alternativo, cerebrale e fuori dagli schemi: qualcosa certamente non adatto a tutti – anche perché non tutti saranno disposti a passare sopra ai controlli rognosi o ad alcuni errorini di sviluppo [abbiamo dovuto ricaricare la partita perché alcuni nemici sconfitti ci bloccavano erroneamente il passo] – ma anche qualcosa che, una volta spulciato dall'inizio alla fine, vale sicuramente il prezzo di copertina.
Modus Operandi:
Abbiamo tentato la fuga dal Settimo Settore grazie ad un codice fornitoci dagli sviluppatori tramite Terminals.io.