Red Dead Redemtpion 2 era il gioco più atteso dell'anno, anzi forse degli ultimi anni. Con uno sviluppo lunghissimo, durato addirittura dai sei agli otto anni e tutta una serie di anticipazioni, video, screenshots e indiscrezioni di ogni tipo si è creato un livello di attesa spasmodico e ai limiti dell'inverosimile in tutti i videogiocatori del mondo. Forte del successo di Red Dead Redemption, uscito nel 2010 e preceduto da Red Dead Revolver che ha visto la luce nel 2004, i ragazzi statunitensi hanno dato il massimo per offrirci il gioco definitivo per questa generazione di console. Ambientazione western, open world, gestione dell'IA accurata e un comparto tecnico da urlo sono solo alcuni degli ingredienti necessari per generare la miscela di questo nuovo gioco che, in realtà, va visto nel suo insieme per esaltarne la qualità al punto giusto. Rockstar Games non è nuova a queste perle: disponendo di un team enorme, di budget esagerati e soprattutto della giusta competenza si è lanciata in un'impresa non indifferente, ripetere l'enorme successo di un gioco come GTA V che, a distanza di 5 anni e grazie soprattutto all'introduzione di un eccellente comparto online continua a divertire milioni di videogiocatori (proprio in questi giorni arriva l'ufficialità che proprio GTA V è il terzo videogioco più venduto di sempre. -NdNew_Neo).
Come vedremo nel nostro articolo è difficile scindere i vari aspetti di Red Dead Redemption 2, così come è complicato parlarne in modo esaustivo proprio per l'immensità della sua stessa struttura. Cercheremo quindi di analizzarlo evitando di scendere troppo nei dettagli perché questo è un gioco che va goduto appieno pad alla mano.
La letteratura sul vecchio West, che passa soprattutto attraverso le produzioni cinematografiche, la si ama o la si odia senza mezzi termini. Ci sono centinaia di film dalla qualità altalenante che si sono succedute nel corso degli anni fin da quando la "fabbrica dei sogni" ha cominciato a sfornare pellicole. Indubbiamente però appartengono a questo genere capolavori rimasti nella storia del cinema e parliamo dei film di John Wayne, degli spaghetti-western di Sergio Leone fino ad arrivare, perché no, ai due capitoli di Trinità. Ambientazioni luride, lontane dalla civilizzazione, dove gli uomini erano uomini, impavidi e abituati a cavarsela in ogni situazione e soprattutto dove i sentimenti non erano ancora stati "sporcati" dalle deviazioni dell'inesorabile progresso che, come una mannaia ha interrotto bruscamente quello stile di vita per svoltare, quasi all'improvviso, all'inizio del secolo scorso. Gli ingredienti giusti ci sono tutti anche nel nuovo gioco di Rockstar ma, in aggiunta, c'è anche qualcosa di più. L'ambientazione cronologica del gioco, posizionabile nel 1899, ci mostra la fine di quel tipo di vita e il passaggio alle grandi città, ad una forma diversa di civiltà: una transizione che trasmette la nostalgia di chi, Buffalo Bill della situazione, non riesce ad adattarsi a un nuovo modo di vivere e relazionarsi con gli altri e sbatte il muso contro città sempre più grandi, contro la lotta ai fuorilegge, contro le strade asfaltate e gli abiti puliti.
Girando per l'immensa mappa visiteremo tutti questi luoghi, passando dalle stupende praterie che circondano New Hanover e Valentine alla grande città di Saint Denis. Nell'enorme mappa di RDR 2 (da ora in poi lo chiameremo così) ce n'è per tutti i gusti, aridi deserti, montagne innevate, brulli paesaggi tutti accomunati da un comun denominatore che, così come avvenne a quel tempo, cercava di collegare tutti questi luoghi disomogenei: i treni e le ferrovie che hanno un ruolo fondamentale in tutto questo scenario. Da rapinare, utilizzare o semplicemente da ammirare, si proponevano come un valido sostituto di cavalli e diligenze per percorrere grandi distanze e tessere le prime trame della moderna comunicazione. Uno dei punti forti del gioco sta nell'ambientazione, difficile da descrivere, bisogna vederla per crederci ma in grado di adattarsi quasi ai gusti e allo stato d'animo di ognuno di noi. Potremo muoverci da soli, insieme al nostro fido cavallo, per andare a caccia in colline abitate più da lupi che da esseri umani, per rilassarci davanti a un fuoco ammirando un bel tramonto, oppure potremo galoppare lanciati come saette in vastissime praterie dove sembra quasi di sentire il vento che ci sbatte sulla faccia. La sensazione è quella di un appagamento e di un relax profondo che si adattano alla nostra dimensione del momento e ci permettono di goderci ogni singolo istante passato a giocare.
Noi vestiremo i panni di Arthur Morgan, il tipico prototipo dell'eroe da Far West, affiliato da sempre alla famiglia di Duch Van Der Linde, che lo ha adottato da bambino. La famiglia di Dutch è enorme, costretta alla fuga per un colpo andato a male a Blackwater e costretta a dividersi tra l'istinto di sopravvivenza e la continua lotta con la famiglia rivale capitanata da Colm O'Driscoll. Dutch non è solo il capofamiglia, ma un leader carismatico e l'unico in grado di tenere assieme i vari membri della sua famiglia: determinato e saggio al contempo, impareremo ben presto ad ammirarlo più che apprezzarlo. I personaggi della nostra famiglia sono davvero tanti e, prima o poi, ci troveremo ad interagire con tutti imparando a conoscerli meglio. Tutti hanno qualcosa da raccontare e tutti sono in grado di descriverci pezzi della storia della famiglia che, come tasselli di un puzzle, solo alla fine confluiranno in un bel quadro. Il gioco fin da subito si dipana quindi in missioni primarie, secondarie e occasionali. Tutte ci regaleranno un pezzo della storia al punto che, ci si rende subito conto che una speed run fino al completamento e dedicandosi solo alla campagna principale ci farà comunque perdere qualcosa.
Oltre ai membri della famiglia, muovendoci sullo scenario, incontreremo tantissime persone, in una mappa ottimamente popolata e viva come mai abbiamo visto finora. Finiremo per deviare fin da subito dalla trama per dedicarci a ciò che più ci piace con il risultato di diluire marcatamente le ore necessarie al completamento di tutto il gioco. Nelle nostre galoppate, ad esempio, incontreremo tanti abitanti sconosciuti che, una volta avvicinati, ci affideranno missioni secondarie utili per farci guadagnare denaro, reputazione e tantissime altre belle cosine. RDR 2 offre quindi una grandissima libertà, come deve avvenire in un open world che si rispetti e, anche se poi la storia è comunque direzionata in un certo modo, il giocatore maturerà la convinzione di poter sempre fare ciò che vuole. I tanti personaggi dicevamo: oltre ai membri della famiglia incontreremo più volte anche un certo John Marston che, i giocatori più attenti, riconosceranno come il protagonista del primo Red Dead Redemption, nei confronti del quale RDR 2 si posiziona quasi come un prequel (è ambientato circa 12 anni prima infatti). La narrazione passa attraverso le tantissime fasi di transizione. Cavalcando in compagnia durante le varie missioni oppure con tutta la famiglia nei grandi spostamenti, cominceremo a dialogare con i nostri compagni di viaggio e apprenderemo in questo modo diverse sfumature della storia che ci chiariranno tutti i punti oscuri.
La stupenda narrazione di RDR 2 passa attraverso ogni singolo aspetto del gioco e poco conta se avviene tramite dialoghi predefiniti, risposte alle nostre domande (spesso a scelta multipla) oppure attraverso le caratteristiche immagini sfumate del caricamento iniziale. La sensazione è che in qualsiasi momento ogni elemento sullo schermo abbia qualcosa da svelarci e questo ci conduce attraverso una ricerca che, alla fine dei conti, ci sposta sempre dalla storia principale. In questo contesto naturalmente si cala perfettamente il nostro Arthur Morgan, con la possibilità che ci viene data continuamente, di decidere quale parte fargli recitare, di scegliere se utilizzare un approccio buono o cattivo nei confronti dei suoi antagonisti ad esempio ma anche se minacciare o convincere i nostri interlocutori per carpire informazioni utili e così via. La reputazione che ci faremo influenzerà le persone che successivamente incontreremo che manifesteranno una maggiore diffidenza (o timore) o una certa disponibilità nei nostri confronti, così come potremo decidere come comportarci con le varie taglie che, immancabilmente, penderanno sulla nostra testa. Recarsi ad un ufficio postale per riscattare la nostra stessa taglia invece che muoversi nascondendosi continuamente per non farci beccare sarà una scelta che dipenderà esclusivamente da noi (a testimonianza che il primo Red Dead Redemption ha da insegnare molto anche ai giorni nostri. -NdNew_Neo). Ogni personaggio quindi, noi compresi, gode di una caratterizzazione maniacale che sfocia in una vera e propria personalità e se potremo influenzare la nostra, nei confronti degli altri invece un peso notevole lo avrà la nostra capacità di adattamento.
Per i nostri spostamenti da un luogo all'altro potremo contare sul nostro animale che, soprattutto quando saremo soli dispersi in chissà quale montagna, sarà il nostro unico compagno di viaggio. Il rapporto empatico che si genera quindi va ben al di là dell'immaginabile. Ci affezioneremo al nostro quadrupede e, di pari passo, aumenterà il nostro feeling con l'animale al punto che, scalando di livello in livello (ce ne sono 4 in totale), il nostro amico si comporterà meglio con noi man mano che imparerà a conoscerci. I programmatori hanno puntato molto su questo aspetto tanto che anche il nostro cavallo avrà due barre indicatrici di energia e di resistenza gravitanti, come nel nostro caso, attorno a un nucleo da tenere sempre ben pieno. Il cavallo si stancherà, correrà da noi non appena lo chiameremo, avrà paura dei predatori nelle vicinanze e soprattutto sarà il nostro amico più fedele. Tutti questi parametri si modificheranno man mano che si gioca, e quindi a beneficiarne non sarà solo la manovrabilità (peraltro abbastanza semplice). Ci dispiacerà quando lo perderemo, perché procurarci un nuovo quadrupede (da acquistare nelle varie stalle apposite o da "razziare" in giro) comporterà il reset di un rapporto già consolidato che ripartirà quindi da zero. Avere cura del nostro animale quindi non vuol dire solo nutrirlo, ma anche procurargli (creandoli magari) dei tonici per farlo star meglio, per rivitalizzarlo quando si fa male, per farlo riposare quando è stanco e, poco a poco, ci renderemo conto di affezionarci a lui avendone cura più di quanto faremo con noi stessi. La possibilità ad esempio di poterne personalizzare il nome una volta che ne avremo acquistato uno punta quindi in questa direzione.