Recensione PC
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Titolo del gioco:
Something Ate My Alien
Anno di uscita:
2020
Genere:
Platform / Puzzle / Indie
Sviluppatore:
Rokabium Games
Produttore:
Rokabium Games
Distributore:
Steam
Multiplayer:
Assente
Localizzazione:
No
Requisiti minimi:
Sistema operativo: Windows 7 o superiore - Processore: Intel Core i3 o simile - Memoria: 2 GB di RAM - Scheda video: Intel HD 4000 o superiore con almeno 1GB VRAM - Hard Disk: 3 GB di spazio disponibile - Scheda audio: Qualunque - Richiede un sistema operativo a 64 bit - Prezzo: €14,99
Box
  • La porta a sinistra &egrave; gi&agrave; aperta, per quella a destra basta usare la leva.
  • Basta abbinare i blocchi con i colori sulle pareti per risolvere il puzzle.
  • Il bestio ci attacca, ma potremo abbatterlo solo alla fine del livello.
  • Dal teletrasporto possiamo accedere a diverse informazioni.
  • All'inizio di ogni sessione comparir&agrave; una mappa.
  • Qui bisogna prima liberare lo spazio per muovere i blocchi, basta un po' di logica.
  • Abbiamo sbagliato, ora &egrave; impossibile posizionare il blocco giallo, meglio cominciare daccapo.
  • Questa &egrave; la schermata dei potenziamenti, ma servono i minerali.
  • Tutto quello che si muove &egrave; letale per noi, meglio armare il nostro cannone.
  • Ogni volta che lo colpiremo il mostro rilascer&agrave; un piccolo item da raccogliere.
Redattore: Giuseppe 'Isg71' Iraci Sareri
Pubblicato il: 16-07-2020
L'alieno Drengo è brutto, cattivo e soprattutto pericoloso. O ci improvvisiamo ricercatori di minerali oppure siamo fregati!

La trama di gioco di Something Ate My Alien è semplicissima. In ricognizione verso il pianeta Metis siamo stati catturati da un alieno cattivo che, nelle vesti di uno schiavista d.o.c. ci obbliga a raccogliere dei minerali per lui dai pianeti circostanti prima di restituirci la libertà. Ne avevamo parlato qualche mese fa nella nostra anteprima, quando abbiamo accostato il nuovo gioco di Rokabium Games a "mostri sacri" dei video game come Boulder Dash e Dig Dug con la poesia caratteristica di Wall-E. In realtà il gioco in esame fonde diversi generi, dallo scavo alla lotta con i nemici che si generano automaticamente, al collezionismo di minerali con tanto di potenziamenti disponibili per il nostro robottino fino ai puzzle e alle boss fight presenti al completamento di ogni pianeta. A distanza di quell'articolo e con gli opportuni aggiustamenti degli sviluppatori, il prodotto finale gira che è una meraviglia, diverte ed emoziona allo stesso tempo e soprattutto ci impegnerà per tutte le 10 ore necessarie per completarlo.

SCAVARE SEMPRE, SENZA FERMARSI

Dopo la breve presentazione iniziale, vedremo il nostro robot, controllato dall'I.A. Antalasia, teletrasportato sul primo pianeta disponibile fra i quattro totali. Lo scopo è, come già detto, quello di raccogliere quanti più minerali possibili utilizzando il nostro laser in grado di frantumare le rocce adiacenti a noi ed evidenziate da un quadratino bianco. Ad ogni blocco disintegrato raccoglieremo il contenuto al suo interno sia che si tratti di minerali che di particolari item come riserve di energia, di ossigeno, o anche booster temporanei come nel caso del mining madness che ci donerà una maggiore velocità nei movimenti per qualche secondo. I minerali sono tantissimi, impossibile ricordarli tutti, segno di un certosino lavoro creativo degli sviluppatori, di conseguenza scaveremo blocco dopo blocco senza preoccuparcene più di tanto salvo poi vedere le statistiche finali una volta tornati sulla nave madre. Procedendo nel gioco le cose si complicheranno leggermente. Faranno la loro comparsa dei blocchi da spostare per liberare il passaggio o per raggiungere posti altrimenti inaccessibili (premendo il tasto Y del controller) e anche degli alieni che si genereranno improvvisamente e casualmente sullo scenario e che dovremo affrontare utilizzando le nostre armi. Nella fase iniziale del gioco comunque lo scavo riveste un ruolo di prim'ordine anche perché ci permetterà di procedere per la nostra strada fino a raggiungere il prossimo portale per teletrasportarci sulla nave madre.

... E POI CI SONO I PUZZLE E LE LEGNATE

Di tanto in tanto sulla nostra strada incontreremo delle vere e proprie puzzle-room, dove saremo chiamati a spostare dei blocchi colorati nei relativi alloggiamenti per veder comparire uno scrigno dal quale prelevare tantissimi minerali come premio. Ce ne saranno 40 in tutto il gioco, ben 10 per ogni pianeta e naturalmente gli enigmi da risolvere diventeranno sempre più difficili proseguendo nell'avventura. Capiterà spesso di sbagliare la sequenza dei blocchi da spostare, ma l'associazione dei tasti RB+A sul controller (perfettamente implementato il controller di Xbox 360 che abbiamo utilizzato durante le prove) avrà la funzione di resettare il puzzle permettendoci di riprovare. I parametri da tenere costantemente sotto controllo sono tre: il livello di salute, l'ossigeno e il carburante utile per poter utilizzare il nostro jetpack (con il tasto A del controller) che ci permetterà di librarci in volo. Tutte e tre le barre potranno essere ripristinate in speciali stazioni che troveremo sul percorso o grazie a item trovati in giro o rilasciati dai nemici che riusciremo a far fuori. Il tasto RT del controller invece ci permetterà di cambiare il cannone sulla schiena del nostro robot passando dal laser utile per eseguire gli scavi a un'arma vera e propria che potremo utilizzare per sparare contro chiunque minacci la nostra incolumità.


Siamo felici che gli sviluppatori abbiano seguito il nostro consiglio di evidenziare maggiormente l'importanza dell'uso del tasto LB del controller: quando siamo accerchiati da nemici premendo questo tasto il nostro robot si bloccherà e con la leva analogica potremo orientare la nostra "bocca da fuoco" contro gli alieni ostili senza correre il rischio di far muovere incautamente anche il nostro robot. Il sistema di controllo rimane sempre un pelino laborioso rispetto ad altri titoli (Guns, Gore & Cannoli 2 giusto per fare un esempio) che hanno deciso di differenziare le due leve analogiche del controller (una per il movimento e l'altra per l'orientamento del cannone) ma dopo un po' si riesce comunque a prenderci la mano e ad utilizzarlo abbastanza agevolmente.


Ogni nemico, boss compresi, avrà un pattern di movimento e di attacco tutto suo, costringendoci a studiarlo e a scegliere bene quale arma utilizzare. Sotto questo aspetto i minerali raccolti assumeranno un ruolo fondamentale. Drengo infatti ci permetterà di tenere i minerali che a lui non servono tra quelli raccolti, materiale che potremo utilizzare per potenziare il nostro robot, attraverso un'apposita schermata, in tutte le sue caratteristiche peculiari: potremo aumentarne la riserva di ossigeno, salute e carburante, montare una seconda arma, potenziarne la corazza, e molto altro che lasciamo a voi il piacere di scoprire. Capiterà quindi di tornare indietro su un pianeta già visitato per tentare di trovare quel determinato minerale necessario per acquisire quel particolare potenziamento.

IL TUTTO GIRA ABBASTANZA BENE

Buona parte del gioco è comunque dedicata all'esplorazione e allo scavo: non ci sono molti punti di riferimento sul percorso da seguire tanto che capiterà più volte di perdere la bussola e di procedere verso la strada sbagliata dal momento che nei vari checkpoint (leggi teletrasportatori) sarà possibile procedere in entrambe le direzioni. Unico punto di riferimento le leve che aprono le varie porte di sbarramento e che restano attivate dopo il primo passaggio, facendoci capire quindi che stiamo tornando indietro al posto di muoverci in avanti. Del resto orientarsi nel sottosuolo con i nemici che si generano casualmente non è affatto semplice. Sotto questo punto di vista qualche problemino lo abbiamo riscontrato proprio nel "respawn" dei cattivi che a volte sono comparsi in gran numero vicino a noi precludendoci ogni possibile via di fuga. L'esaurimento della barra della salute comporterà naturalmente la distruzione del nostro robot con la necessità di trovare "un nuovo alieno da mandare al lavoro". Dal punto di vista pratico perderemo tutte le risorse raccolte fino a quel momento e saremo costretti una volta scesi nuovamente in campo a cercarle nuovamente, mentre puzzle-room e porte sbloccate prima della nostra dipartita rimarranno così come le avevamo lasciate (non costringendoci quindi a completarli e sbloccarli una seconda volta).

IN CONCLUSIONE

La versione finita di Something Ate My Alien ci permette di confermare le buone impressioni già espresse in sede di anteprima: il comparto grafico è semplice ma al contempo ben dettagliato e funzionale, con le animazioni che non hanno manifestato la minima incertezza. Buona anche la colonna sonora con musiche d'atmosfera che contribuiscono a condire di magia tutto il gioco. Non c'è doppiaggio, gli alieni farfugliano una lingua sconosciuta, ma il tutto è ben spiegato da sottotitoli ben realizzati anche se non nella nostra lingua. La narrazione ha, come già accennato, un ruolo marginale, giusto per dare un pretesto al tutto anche se sono carine alcune battute di Drengo come nel caso in cui manifesta tutta la sua "generosità" nei nostri confronti. Il gameplay è ben strutturato e, anche se manteniamo qualche piccola incertezza sul sistema di controllo, tutto gira a meraviglia soprattutto dopo le prime partite necessarie per prendere confidenza con il nostro robot. Ci sono tante cose da fare e ci vorrà un bel po' di impegno per giungere al completamento del titolo che comunque ci divertirà per circa 10 ore. La seconda parte, che farà la sua comparsa una volta raccolti tutti i minerali richiesti da Drengo, presenterà un dinamismo più accentuato, spostando il baricentro più verso la lotta con i cattivi e i loro boss che verso l'esplorazione e lo scavo. Un repentino cambio di ritmo che ci farà pensare a due giochi diversi, profondamente slegati fra loro ma la verità è che entrambi sono completamente interdipendenti. I minerali servono ai potenziamenti e senza di essi i nemici ci fanno fuori senza pensarci due volte.


In conclusione Something Ate My Alien non è un gioco adatto a tutti, proprio per il suo livello di difficoltà e perché fonde assieme due generi profondamente diversi: più lenta e noiosa la fase di ricerca/esplorazione, più dinamica la fase di combattimento. Secondo la nostra modesta opinione però la discrepanza non è così profonda e, se siete disposti a farvi catturare dal gameplay del gioco di Rokabium Games, non lo lascerete fino al suo completamento. Preso nella sua globalità il gioco riesce ad esprimere una personalità tutta sua, grazie anche all'atmosfera accompagnata dalle malinconiche musichette di sottofondo e alla convinzione instillata nel giocatore di poter fare meglio la prossima partita. Ce n'è a sufficienza per goderselo fino in fondo.

Modus Operandi:

abbiamo provato la versione definitiva di Something Ate My Alien grazie a un codice fornitoci dagli sviluppatori tramite The Indie Bros.

Something Ate My Alien è un mix di idee semplici, che funziona bene nel suo complesso regalando un prodotto in grado di divertire, intrattenere ed emozionare. Non stiamo parlando di un top game, sia chiaro, ma il lavoro di Rokabium Games rispecchia la passione e l'impegno degli sviluppatori nel realizzare un gioco che mescola esplorazione, combattimenti e puzzle nelle giuste dosi. Chiaramente non è un gioco adatto a tutti, proprio perché tocca diverse forme di intrattenimento senza riuscire ad eccellere in nessuna di esse, ma riesce a catturare qualunque giocatore sia disposto a farsi "coinvolgere". Peccato per qualche piccola problematica come il respawn troppo casuale dei nemici e una discordanza troppo grande fra il ritmo della prima fase e quello della seconda. Se amate il genere però dovreste dargli una possibilità, potrebbe essere il gioco che fa per voi
  • Gameplay accattivante
  • Tantissime cose da fare
  • Non adatto a tutti
  • Manca la localizzazione in italiano
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