Gli indipendentissimi ragazzi ucraini di Frogwares conosciuti per i numerosi episodi sulla serie di Sherlock Holmes (usciti dal 2002 al 2016) questa volta hanno tentato il grande salto mischiando un po' i generi di gioco ed attingendo a piene mani, pur senza licenze ufficiali, dalla letteratura di un guru dell'horror come H.P. Lovecraft. Tra un balzo nell'abisso della follia e un mistero dietro l'altro tutto da indagare, vediamo come sono andate le cose.
Il nostro protagonista è Charles Reed, un vecchio veterano di guerra, ultimamente in preda a un tracollo psicologico di tutto rispetto. Da un po' di tempo infatti delle strane visioni distorcono la sua percezione di realtà e il fenomeno si fa sempre più marcato ed ingestibile. Diciamo fin da subito che Charles Reed impersona il prototipo dell'eroe noir, con un passato mai completamente superato da alcolista, più per idee liberali che per esigenze depressive, forte e sveglio ma senza alcun potere particolare, in grado di mostrare durezza e debolezza allo stesso tempo, alla Humphrey Bogart giusto per intenderci. Attraverso una lattera il nostro eroe viene invitato nella poco ridente città di Oakmont, ultimamente devastata da una pesante inondazione e dove sono state segnalate diverse apparizioni come quelle che minano la salute mentale del nostro protagonista. Vuoi quindi per l'esigenza di trovare una cura alle proprie problematiche psichiche, vuoi per la voglia di indagare insita nel nostro protagonista, un viaggio ad Oakland si rivela inspiegabilmente la scelta migliore da fare. Una volta giunto sul posto il nostro stringe un accordo con un certo Robert Throgmorton, promettendo di rintracciarne il figlio misteriosamente scomparso e ricevendo, finalmente, delle risposte sulle strane e inspiegabili visioni che lo tormentano.
Lo stile letterario di Lovecraft è tangibile in ogni angolo della cittadina, con continue visioni di personaggi deformi o comunque antropomorfi, con la continua paura di ciò che è celato dietro l'angolo e con queste strane presenze che popolano la città e che ingarbugliano le loro storie con quella della stessa Oakmont, pregna di faide familiari, misteriose organizzazioni e molto altro.
Ogni vicolo è saturo di un'atmosfera tutta particolare, difficile da descrivere ma comunque nota a chi è appassionato allo scrittore di Providence. In realtà la sensazione è quella di una città irrimediabilmente perduta, senza alcuna possibilità di redenzione, al punto che le figure strane che la popolano sembrano quasi far parte del paesaggio rappresentandone la piena normalità. Avremo a che fare con un'investigazione vera e propria, con tanto di raccolta di indizi, elaborazione di dati e naturalmente con numerosissimi dialoghi (fortunatamente ben tradotti nei sottotitoli) con NPC di vario tipo che purtroppo saranno troppo somiglianti fra loro. Ogni elemento sullo scenario risulta fondamentale per la prosecuzione dell'avventura forzatamente e volutamente improntata su un (quasi) pieno stile open world. Potremo visitare liberamente la città, muovendoci come meglio ci aggrada (soprattutto al livello difficile dove ogni aiuto e/o indicazione ci è preclusa) ma la nostra interazione con gli scenari è ridotta all'osso mentre quella con gli NPC è spesso pilotata nostro malgrado su binari prestabiliti. Ad ogni modo la sensazione di libertà c'è ed è tangibile dandoci la sensazione di poter davvero fare a modo nostro.
Come dicevamo i dialoghi sono importanti dal momento che ci permettono di raccogliere diversi indizi da elaborare con quello che vediamo sui vari scenari. Un grande aiuto deriva dall'Occhio della Mente che ci permette ad esempio di evidenziare su schermo indizi altrimenti invisibili e ci guideranno all'accesso delle Premonizioni. Queste servono per individuare nuove piste da seguire e ottenere ulteriori nuovi indizi sotto forma di oggetti che ci guideranno nella nostra avventura. Ci sono poi le Retrocognizioni che, in una sorta di replay, ci permettono di rivivere alcune sequenze di eventi trascorsi da collocare nel perfetto ordine cronologico per svelarne il mistero nascosto. Di fondamentale importanza è comunque il Palazzo Mentale che rappresenta una sezione accessibile dal nostro menù dove sono archiviate tutte le scoperte del nostro protagonista: attraverso dei collegamenti logici, come dei puntini che si uniscono, ci si sveleranno degli scenari ben più articolati che, come tessere di un puzzle, andranno a comporre la soluzione di diversi enigmi. Il gioco si articola in missioni principali che ci terranno impegnati per una ventina di ore circa e di missioni secondarie che ci verranno assegnati dai vari NPC con i quali dialogheremo e che allungheranno la longevità di The Sinking City di un'altra decina di ore circa. Può essere utile intervallare missioni principali alle secondarie, per non notare eccessivamente la ripetitività presente in alcuni incarichi della campagna principale.
The Sinking City non è solo investigazione e basta, prevedendo anche una fase di shooting che ci permetterà di difenderci dagli ambigui personaggi presenti in gioco, investendo le scarse risorse presenti sullo scenario. Va detto che questa possibilità presenta diverse lacune sviluppative con uno stile arcaico e poco funzionale. E' vero che con il tempo si finisce con il farci la mano ma all'inizio il sistema di combattimento è veramente frustrante e poco funzionale. Tantissimi oggetti trovati in giro invece soddisferanno le nostre manie di crafting attraverso un albero delle abilità del nostro Charles da sbloccare man mano che si trovano vari item in giro (prevalentemente nelle missioni secondarie) e che finiranno per renderci la vita più semplice solo in alcune circostanze però. In questo caso comunque possiamo criticare ben poco dal momento che si tratta di un'aggiunta al gioco che, anche se poco sviluppata, rappresenta comunque un di più a differenza del combat system davvero molto carente. Fin dall'inizio del gioco notiamo comunque un tutorial piuttosto scarno con il giocatore lasciato un po' in balia del proprio destino anche se, man mano che si gioca e si prende il ritmo con l'investigazione, le cose si fanno sicuramente più semplici e abbordabili.
Dal punto di vista narrativo c'è poco da obiettare: ci troviamo dinanzi a una storia ben raccontata e che ha tutte le carte in regola per divertirci a lungo. Gli appassionati di Lovecraft troveranno pane per i loro denti grazie alla produzione videoludica che forse, più di tutte le altre uscite finora si avvicina agli incipit narrativi del maestro. Dove casca l'asino però è nel comparto tecnico. La grafica è particolarmente datata, trasmettendo continuamente quel sentore di old-gen, partendo dalle texture scarsamente rifinite fino alle animazioni eccessivamente legnose e passando anche per la mancanza pressoché totale di interazione con gli ambienti di gioco. Come se non bastasse abbiamo assistito anche a fastidiosi glitch, a qualche compenetrazione poligonale e soprattutto alle bizze del nostro controller (Xbox 360. -NdR) che veniva continuamente connesso e disconnesso dal gioco costringendoci alla fine a giocare con la tastiera. In sostanza ci troviamo davanti a un prodotto dalle potenzialità immense che si perde però in una realizzazione tecnica che avrebbe sicuramente dovuto essere più accurata soprattutto per il comparto grafico assolutamente non al passo con i tempi.
Se siete disposti a passare sopra a queste problematiche vi troverete davanti un'attività investigativa divertente e appagante (soprattutto al livello difficile), con una bella storia ottimamente strutturata e ben narrata. Il nostro consiglio è quindi quello di provare la demo prima dell'acquisto.